La disposizione della Regione Piemonte in materia di canone idroelettrico non ha invaso la competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza».
Lo ha stabilito la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 158/2016 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell’art. 7 della legge della Regione Piemonte 24 dicembre 2014, n. 22, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
Secondo il Governo la disposizione regionale censurata – che stabilisce la misura del canone annuo per l’uso di acqua pubblica a fini energetici e di riqualificazione dell’energia, misura diversificata all’interno dell’utilizzazione idroelettrica in modo decrescente in proporzione alla potenza media di concessione – avrebbe invaso la competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza». L’art. 37, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, ha previsto che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, secondo principi di economicità e ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canoni delle concessioni ad uso idroelettrico». La determinazione dei predetti canoni sarebbe stata, pertanto, attratta nell’ambito di tale disciplina, espressione della competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza».
La Consulta ricorda che “la giurisprudenza di questa Corte ha espressamente ricondotto la quantificazione della misura dei canoni idroelettrici, ambito ben diverso da quello afferente al servizio idrico integrato (sentenza n. 85 del 2014), alla competenza legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 85 e 64 del 2014), così come aveva già ascritto al medesimo ambito di competenza la disciplina inerente alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua per uso idroelettrico (sentenze n. 205 del 2011 e n. 1 del 2008)”.
Con l’art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012, lo Stato “è bensì intervenuto in tema di canoni delle concessioni ad uso idroelettrico, ma al solo fine di demandare a un successivo decreto ministeriale, da adottarsi d’intesa con le Regioni, esclusivamente la definizione dei «criteri generali» per la determinazione dei «valori massimi» dei suddetti canoni, che deve essere operata, però, dalle Regioni medesime. In altri termini, è ribadita espressamente la competenza regionale – già prevista dalla normativa statale pregressa (si veda, specialmente, l’art. 88 del d.lgs. n. 112 del 1998) – alla determinazione dei canoni, precisando soltanto che essa deve avvenire nel rispetto dei «criteri generali» stabiliti dal decreto ministeriale”.
In conclusione, la Corte costituzionale ha evidenziato che “l’art. 7 della legge della Regione Piemonte n. 22 del 2014 è riconducibile alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». Con la sua adozione, difatti, la Regione Piemonte non ha affatto dettato «criteri generali» per la determinazione dei canoni idroelettrici, che dovranno essere posti dal d.m. di cui all’art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012, bensì ha soltanto provveduto a stabilire la misura dei canoni idroelettrici di cui alla disposizione impugnata. Quest’ultima, infatti, si limita a determinare, a decorrere dal 1° gennaio 2015 e fino all’adozione di un nuovo regolamento della Giunta regionale in materia, l’importo unitario del canone annuo per l’uso di acqua pubblica relativo all’uso energetico e di riqualificazione dell’energia”.