Nella riunione di ieri 5 agosto il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale la legge della Regione Veneto 30 giugno 2021, n. 19, recante Semplificazioni in materia urbanistica ed edilizia per il rilancio del settore delle costruzioni e la promozione della rigenerazione urbana e del contenimento del consumo di suolo - "Veneto cantiere veloce”, pubblicata sul Bollettino ufficiale regionale n. 88 del 2 luglio 2021 ed entrata in vigore il 3 luglio (LEGGI TUTTO).
Di seguito riportiamo le motivazioni dell'impugnazione.
La legge regionale, che detta norme di semplificazioni in materia urbanistica ed edilizia per il rilancio del settore delle costruzioni e la promozione della rigenerazione urbana e del contenimento del consumo di suolo è censurabile con riferimento alla disposizione contenuta nell’articolo 7, che, per le motivazioni di seguito riportate, si pone in contrasto con la previsione di cui all'articolo 9 bis, comma 1 bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 ( Testo Unico dell’Edilizia), norma che costituisce principio fondamentale nella materia “governo del territorio” al cui rispetto le regioni sono tenute ai sensi dell’articolo 117, terzo comma della Costituzione.
In particolare:
- l’articolo 7 della legge regionale inserisce nella legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, un nuovo articolo 93-bis, rubricato “Stato legittimo dell'immobile – Tolleranze”, che testualmente recita:
1. ln attuazione dell'articolo 9-bis, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, lo stato legittimo di immobili in proprietà o in disponibilità di soggetti non autori di variazioni non essenziali risalenti ad epoca anteriore al 30 gennaio 1977, data di entrata in vigore della legge 10/1977 e dotati di certificato di abitabilità/agibilità, coincide con l'assetto dell'immobile al quale si riferiscono i predetti certificati, fatta salva l'efficacia di eventuali interventi successivi attestati da validi titoli abilitativi.
2. Lo stato legittimo di immobili realizzati in zone esterne ai centri abitati e alle zone di espansione previste da eventuali piani regolatori in epoca anteriore al 1° settembre 1967 è attestata dall'assetto dell'edificio realizzato entro quella data e adeguatamente documentato, non assumendo efficacia l'eventuale titolo abilitativo rilasciato anche in attuazione di piani, regolamenti o provvedimenti di carattere generale comunque denominati, di epoca precedente”.
La disposizione regionale in parola individua quindi nel certificato di abitabilità/agibilità un ulteriore documento che consentirebbe di identificare lo stato legittimo degli edifici.
L'articolo 9 bis, comma 1 bis, del citato d.P,R. n. 380 del 2001 al primo periodo detta la regola generale, secondo cui lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello che risulta:
- dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa;
- dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare;
- eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali;
Il secondo periodo del comma 1 bis, dell'articolo 9 bis formula indicazioni operative relativamente agli "() immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizi (….) prevedendo , in assenza di titoli edilizi, la possibilità di desumere lo "stato legittimo" da: informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti definiti probanti: - riprese fotografiche; gli estratti cartografici; - documenti d'archivio; altro atto, pubblico o privato. di cui sia dimostrata la provenienza;
L'elenco del legislatore non risulta tassativo, anche se definisce una gerarchia, inserendo come norma primaria le informazioni catastali di primo impianto ed in alternativa a queste altri documenti probanti elencati in forma esemplificativa, lasciando in ultimo una apertura su "altra documentazione" intendendo tale elenco non esaustivo.
Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato come "L'art. 9-bis. comma 1-bis TU edilizia non può interpretarsi se non nel senso che lo «stato legittimo dell’immobile» è quello riveniente dal «titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa», nonché, se a questo siano susseguiti ulteriori titoli abilitativi, dal titolo «che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali». Con l’innovazione introdotta dall'art. 10, comma 1, lett. d, n. 2, del d.l. n. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni), conv. in l. n. 120/2020, il legislatore ha inteso semplicemente chiarire che lo «stato legittimo dell’immobile» è quello corrispondente ai contenuti del sottesi titoli abilitativi, relativi non solo alla sua originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative. Non altro, perché, se altro il legislatore avesse inteso stabilire, e cioè se avesse ricollegato portata totalmente abilitante al titolo «che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare», a prescindere dal relativo oggetto, avrebbe abbandonato il principio ordinamentale basico di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, operante nel campo processuale, ma ragionevolmente esportabile anche nel campo dei procedimenti ampliativi della sfera giuridica dei privati e, soprattutto, avrebbe surrettiziamente introdotto una sorta di sanatoria implicita per tutti i manufatti assistiti da (qualsivoglia) titolo abilitativo, seppure non riferibile alla loro integrale consistenza e conformazione surrettiziamente introdotto una sorta di sanatoria implicita per tutti i manufatti assistiti da (qualsivoglia) titolo abilitativo, seppure non riferibile alla loro integrale consistenza e conformazione" (TAR Campania, Sez. II- n. 1358 del 31 maggio 2021).
Tanto premesso, va evidenziato che dallo "stato legittimo" dell'edificio, dipende, anche ai fini del rilascio di nuovi titoli edilizi, la qualificazione dell’immobile preesistente in termini di regolarità o abusività. Ed è del tutto evidente che i parametri per stabilire se un edificio è regolare o abusivo non possono essere variabili nelle diverse parti del territorio nazionale.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la disposizione di cui all’articolo 7 della regionale in esame, definendo un diverso regime giuridico dello “stato legittimo” dell’immobile rispetto a quello delineato dal legislatore nazionale, si pone in contrasto con la disciplina di principio costituente il parametro interposto di cui all'articolo 9 bis, comma 1 bis, del d.P.R n. 380/2001, con conseguente violazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione con riferimento alla materia "governo del territorio".
Per questi motivi la legge regionale deve essere impugnata , limitatamente alla disposizione sopra indicata, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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