A partire dagli ultimi mesi dello scorso anno, si sono registrati significativi incrementi nei prezzi di acquisto di alcuni dei principali materiali da costruzione, la cui entità sta determinando enormi difficoltà alle imprese appaltatrici, già gravate da ingenti sofferenze finanziarie e patrimoniali dovute all’evento pandemico in atto.
Si tratta, infatti, di incrementi straordinari, che vanno ben oltre l’alea contrattuale - travalicando le normali fluttuazioni del mercato - che rischiano di compromettere la regolare esecuzione degli appalti in corso.
In particolare, il prezzo dell’acciaio, tra novembre 2020 e febbraio 2021, ha registrato un aumento eccezionale pari a circa il 130% (elaborazione Ance su dati Meps – prezzo base del “ferro - acciaio tondo per cemento armato”).
Ma la dinamica - oltre ai prodotti siderurgici - si osserva anche in altri materiali di primaria importanza per l’edilizia, come, ad esempio: i polietileni, che nello stesso periodo hanno mostrato incrementi superiori al 40%, il rame +17% e il petrolio +34% (Fonte Prometeia).
Peraltro, i dati sono in continua evoluzione ed il trend sembra destinato ad aumentare per i prossimi mesi.
L’attuale Codice degli Appalti non prevede, purtroppo, adeguati meccanismi di revisione prezzi; pertanto, i contratti non risultano più economicamente sostenibili, con il conseguente rischio di un progressivo rallentamento dei lavori in corso, nonostante gli sforzi messi in campo dalle imprese per far fronte agli impegni assunti.
Per tale ragione, l’ANCE ha rappresentato con forza il problema ai Ministeri di riferimento (MIMS, MEF e MISE) e all’ANAC, al fine di sollecitare un intervento normativo urgente da parte del Governo, che consenta di riconoscere alle imprese gli incrementi straordinari intervenuti, evitando un “blocco” generalizzato degli appalti.
Al contempo, la difficile situazione in atto è stata evidenziata anche alle primarie stazioni appaltanti di rilievo nazionale (ANAS, RFI).
Nell’attesa di una soluzione normativa alla questione, al fine di fornire un primo supporto anche in questa fase, sono stati messi a punto - e già trasmessi al territorio con lettera del Presidente Buia - alcuni “fac-simili” di istanze che le imprese associate possono utilizzare nei rapporti con le stazioni appaltanti.
Si tratta, in particolare di:
- una bozza di “istanza di modifica delle condizioni economiche del contratto”, da utilizzare nell’ipotesi in cui, nel contratto di appalto, non vi sia alcuna clausola che consenta il riequilibrio economico del contratto, oppure, laddove prevista, non sia comunque idonea ad un completo ristoro per l’impresa (All. 1:);
- una bozza di “istanza di attivazione della clausola revisionale ex art. 106, comma 1, lettera a) del Codice 50, da utilizzare laddove il contratto contenga tale meccanismo compensativo e questo sia eventualmente idoneo a compensare i rincari (All. 2:);
- una bozza di “riserva”, da iscrivere - ove ritenuto opportuno - nel primo atto contabile utile (All. 3).
Naturalmente, si tratta di “fac-simili”; pertanto, in caso di utilizzo, le imprese associate dovranno apportare agli stessi tutte le opportune modifiche e/o integrazioni del caso, al fine di adattarli alle specifiche situazioni contrattuali in essere.
Inoltre, resta fermo che, al di là dei rincari intervenuti, il riconoscimento della compensazione implicherà la dimostrazione, da parte dell’impresa richiedente, di averli effettivamente sostenuti, attraverso l’esibizione di idonea documentazione a comprova.
In allegato, i tre modelli di “fac-simili”.
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