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Casa, come incentivare gli investimenti privati sulla locazione?

Da Censis e Nomisma un rapporto che spiega le ragioni strutturali e culturali all'origine del ritorno ad una domanda di alloggi in affitto e che giustificano politiche di sostegno agli investimenti nel settore

lunedì 8 giugno 2015 - Redazione Build News

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Riaccendere il dibattito intorno al tema del ritorno degli investimenti nel segmento della locazione residenziale privata.

È questo l'obiettivo del rapporto “INVESTIRE SULLA CASA. Politiche e strumenti per l'affitto in Europa. Proposte per l'Italia”, promosso da Sidief (Società italiana di iniziative edilizie e fondiarie) e realizzato da Censis e Nomisma.  

Il documento (qui sotto in allegato) intende promuovere una riflessione aprendosi ad un ampio confronto con tutti i soggetti portatori di interesse: proprietari-gestori, inquilini, investitori, costruttori, banche, Enti locali e Stato. Di qui l’idea del convegno che, guardando all’Europa, intende richiamare l’attenzione sulla necessità/opportunità di creare le condizioni per rimettere in moto il settore casa, incentivando in particolare gli investimenti privati sull’affitto.

IN AUMENTO LA DOMANDA DI ABITAZIONI IN LOCAZIONE. L’iniziativa si colloca in una fase in cui la domanda di abitazioni in locazione è in crescita: ciò non solo per effetto della crisi, ma anche in relazione a fattori culturali. Oltre al fabbisogno sociale, specie nelle grandi aree urbane, sta emergendo infatti una domanda legata soprattutto alle nuove generazioni che guarda all’affitto con crescente interesse non solo per ragioni economiche, ma perché più vicine ad un’idea di casa come servizio, in una logica di flessibilità dei progetti di vita. Contemporaneamente anche dal lato degli investitori si registrano segnali di un potenziale riavvicinamento al tema residenziale, che fatica tuttavia a concretizzarsi per il permanere di una serie di fattori disincentivanti. Tra questi: il regime fiscale penalizzante ed in continuo cambiamento, il quadro normativo incerto e gli elevati rischi da locazione e la farraginosità delle procedure urbanistiche.

CRESCENTI DIFFICOLTÀ GESTIONALI. In questi anni per quei (pochi) soggetti che hanno continuato a detenere patrimoni abitativi in affitto di qualche consistenza, le difficoltà gestionali sono state crescenti: infatti è aumentata ovunque la morosità, ma anche la pressione fiscale, mentre il patrimonio invecchiando necessita di crescente manutenzione.

Non a caso l’Italia resta una sostanziale anomalia rispetto alle nazioni europee più sviluppate, dove il segmento abitativo dell’affitto di mercato, da noi ormai residuale, rappresenta invece, insieme a quello sociale, un pilastro importante delle politiche della casa.

NECESSARIA UNA STRATEGIA COMPLESSIVA. Per invertire questa tendenza serve oggi una strategia complessiva, che individui target e strumenti e che coordini le politiche settoriali, ed un quadro di certezza delle regole, senza la quale gli investitori (anche internazionali) resteranno alla finestra.

È questo dunque il tema centrale attorno al quale ruota il rapporto, che si articola in cinque sezioni:

- nella prima (“La marginalità del comparto dell’affitto in Italia”) si dà conto dell’evoluzione delle condizioni abitative e delle specificità del settore locativo del Paese;

- il secondo capitolo (“L’eredità della crisi”) è dedicato ad inquadrare gli impatti della crisi sul comparto abitativo, con riferimento all’allargamento dell’area del disagio abitativo e del manifestarsi di un ritorno ad una domanda di alloggi in affitto;

- nel terzo capitolo (“Perché c’è bisogno di investimenti nell’affitto”) si mettono a fuoco le ragioni strutturali e culturali che spiegano tale ritorno e che giustificano una stagione di politiche di sostegno agli investimenti nel settore;

- il quarto capitolo (“Guardando all’Europa”) illustra, in forma sintetica, l’evoluzione delle politiche abitative in quattro principali paesi europei (Francia, Regno Unito, Germania e Spagna) con particolare riferimento alla fase attuale e al ruolo dell’affitto privato;

- infine il quinto capitolo (“I nodi irrisolti e le questioni chiave da affrontare”), riepilogando le principali criticità emerse, come anche gli aspetti qualificanti delle esperienze europee, individua alcuni temi concreti su cui operare per rilanciare gli investimenti privati sull’abitare.

CAMBIA LA STRUTTURA SOCIALE. Ad alimentare la domanda di abitazioni in particolare in direzione dell’affitto c’è, oltre alla congiuntura economica, il mutamento della struttura sociale.

Il primo fattore rilevante è rappresentato dal costante incremento del numero di famiglie (siamo oltre la soglia dei 25milioni) e dalla contestuale riduzione della loro dimensione: aumenta quindi il numero dei soggetti di domanda ma si evolve anche la loro tipologia.

Oltre ad un cambiamento delle dimensioni della famiglia, vi è anche una lenta diversificazione dei format (non slegata da una crescente instabilità). In particolare diminuisce il peso relativo della coppia con uno o più figli, pari al 40% del totale nel 2007 e scesa al 36,5% nel 2013. Di contro aumenta di quasi 4 punti quello delle famiglie senza nuclei.

INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE. Il secondo fattore di cambiamento, in parte legato al primo, è dato dall’invecchiamento della popolazione. Tra i due ultimi censimenti la popolazione over 65 anni è cresciuta del 16,3% contro un tasso di crescita dell’insieme delle altre fasce di età di appena l’1,5%. Guardando al futuro, le proiezioni demografiche al 2030 restituiscono un’Italia che registrerà una crescita (rispetto al 2014) piuttosto contenuta (+3,4%), cui corrisponderà una significativa accelerazione del processo di invecchiamento della popolazione. 


MOBILITÀ INTERNA. Cambia la composizione socio-demografica del Paese, ma mutano anche gli equilibri territoriali, con un Centro-Nord che cresce in termini di popolazione, attraendo stranieri e giovani meridionali, ed un Sud che lentamente declina.

Tra gli ultimi due censimenti la divaricazione, in termini di incremento della popolazione è stata evidente: il Nord ed il Centro sono cresciuti del 6% circa, il Mezzogiorno ha registrato un incremento di appena lo 0,5%. 


FATTORI CULTURALI. Il rapporto evidenzia che in sottofondo c'è anche un cambiamento culturale, un cambio di approccio delle nuove generazioni il cui principio cardine è che il valore di un bene è meno legato alla proprietà ed è valutato sulla base dell’accesso allo stesso. In questa logica anche la casa diventa sempre più un servizio.

In qualche modo entra in gioco anche il tema della “libertà individuale”: quella di sottrarsi ad un impegno economico gravoso per un lungo periodo di vita, legandosi ad un luogo e ad una soluzione rigida, quando si preferisce assecondare le esigenze che mutano nel tempo (ciclo di vita, residenza, lavoro, reddito) e sottrarsi ad oneri manutentivi e burocratico-amministrativi.

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