Sentenze

Case mobili e titolo edilizio: nuova sentenza del Consiglio di Stato

La precarietà dei manufatti non si può desumere dalle finalità di alloggio transitorio e temporaneo proprie delle strutture ricettive turistiche

mercoledì 18 maggio 2016 - Redazione Build News

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La stabile collocazione, ad opera del gestore, di un vero e proprio nucleo organizzato di case mobili, determina un’alterazione del territorio che non può ritenersi né precaria né transitoria, e la realizzazione di una struttura ricettiva atipica che può ritenersi assimilabile a quella di un villaggio turistico.

Nel momento in cui tali manufatti, definiti case mobili perché muniti di ruote, sono stati stabilmente infissi al suolo, all’interno dell’area del campeggio, ed hanno perso la loro mobilità, viene meno quella caratteristica di precarietà dell’opera che consente la loro collocazione in assenza di titoli edilizi all’interno di strutture ricettive turistiche.

Lo ha evidenziato il Consiglio di Stato (sez. VI) nella sentenza n.1291/2016 depositata il 1 aprile.

Palazzo Spada sottolinea che le disposizioni volte a consentire la libera collocazione all’interno delle strutture ricettive di strutture mobili (come le “case” su ruote) “è volta chiaramente a favorire l’occupazione transitoria del suolo, in particolare da parte dei turisti che utilizzano tali mezzi muovendosi da una struttura all’altra, e non anche a favorire la realizzazione, in assenza di titoli edilizi, di strutture stabili equiparabili a quelle di tipo alberghiero”.

Temporanee sono, infatti, esclusivamente le modalità di soggiorno dei soggetti ospitati nelle strutture, che nulla hanno in comune con la stabile presenza ed utilizzazione delle "case mobili".

Il Consiglio di Stato ricorda che “la possibile collocazione temporanea di roulotte o camper o altri manufatti mobili all’interno di strutture ricettive all’aperto, come i camping, è chiaramente consentita dal legislatore e non prevede il rilascio di titoli edilizi”. Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5), del D.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, recante il T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, sono, infatti, da considerarsi nuove costruzioni, comportanti la trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, «l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore».

IL PRONUNCIAMENTO DELLA CONSULTA. I limiti per l’applicazione di tale disposizione sono stati di recente chiariti dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 171 del 2-6 luglio 2012. Con tale sentenza la Corte ha sancito l’illegittimità costituzionale, per la violazione della normativa statale in ordine agli interventi di nuova costruzione, del comma 1 dell’art. 25-bis della legge della Regione Lazio n. 13 del 2007, inserito dall’art. 2 della legge regionale n. 14 del 2011, secondo cui era consentita, nelle strutture ricettive all’aria aperta, previste dall’art. 23, comma 4, della detta legge regionale, l’installazione e il rimessaggio dei mezzi mobili di pernottamento, con relativi preingressi e cucinotti, «anche se collocati permanentemente».

La Corte Costituzionale ha precisato che l’art. 6 del D.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce quali sono gli interventi eseguibili senza alcun titolo abilitativo, e tra essi non figurano le installazioni delle strutture sopra menzionate, mentre il successivo art. 10 inserisce gli interventi di nuova costruzione tra quelli di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Pertanto, ha aggiunto la Corte, «l’assunto della difesa regionale – secondo cui le strutture mobili, previste dall’art. 1 della legge impugnata, non determinerebbero alcuna trasformazione irreversibile o permanente del territorio su cui insistono – si pone in palese contrasto con la normativa statale e con i principi fondamentali da essa affermati. Invero, è evidente che, se quell’assunto fosse esatto, cioè se si trattasse “di strutture caratterizzate da precarietà oggettiva, tenuto conto delle tipologie dei materiali utilizzati”, il legislatore statale non avrebbe catalogato in modo espresso tra “gli interventi di nuova costruzione” l’installazione di manufatti leggeri, tra cui le case mobili. Inoltre, quanto alla precarietà funzionale che contraddistinguerebbe i manufatti, ponendosi come nozione distinta dalla temporaneità delle funzioni cui assolvono, giacché essi sarebbero volti a garantire esigenze meramente temporanee, è sufficiente notare, da un lato, che proprio il dettato della norma censurata smentisce tale precarietà, dal momento che considera l’installazione e il rimessaggio dei mezzi mobili, “anche se collocati permanentemente”, come attività edilizia libera, e perciò non soggetta a titolo abilitativo edilizio; e, dall’altro, che proprio la mancanza del titolo edilizio e di ogni previsione di verifica o di controllo impedisce di riscontrare il presunto carattere precario e temporaneo dell’installazione».

Né secondo la Corte, è possibile giungere ad una conclusione diversa per effetto della norma di cui all’art. 6, comma 6, del T.U. sull’edilizia, che consente alle Regioni a statuto ordinario di poter estendere la disciplina sull’attività edilizia libera ad interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli menzionati nel medesimo articolo, poiché tale disposizione si riferisce ad (altri) interventi (atipici) senza che possa essere derogata la disposizione dettata dall’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001.

Nella decisione richiamata, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 2, comma 8, secondo periodo, della legge della Regione Lazio n. 14 del 2011, per aver disposto che, nelle strutture regolarmente autorizzate all’esercizio ricettivo e ricadenti nei parchi naturali successivamente istituiti, l’installazione, la rimozione e/o lo spostamento di mezzi mobili di pernottamento non costituiscono mutamenti dello stato dei luoghi e pertanto non sono soggetti al preventivo parere degli enti gestori.

Quindi, aggiunge il Consiglio di Stato, “per effetto di quanto disposto dal citato art. 3 del T.U. dell’edilizia l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper e, come nella specie, case mobili, può ritenersi pertanto consentita in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti se sono diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, non determinandosi una trasformazione irreversibile o permanente del territorio su cui insistono, mentre l’installazione stabile di mezzi (teoricamente) mobili di pernottamento determina una trasformazione irreversibile o permanente del territorio, con la conseguenza che per tali manufatti, equiparabili alle nuove costruzioni, necessita il permesso di costruire. Se l’area interessata è poi in zona vincolata, per tali manufatti occorre anche il nulla osta dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo”.

La disposizione “è chiaramente volta ad escludere la necessità di titoli edilizi per la collocazione temporanea di strutture mobili destinate ad abitazione, come le roulotte, i camper o anche le case mobili, da parte dei turisti che utilizzano tali mezzi per muoversi da una struttura all’altra e si avvalgono poi dei diversi servizi messi a loro disposizione dai gestori delle strutture ricettive”.

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