“La ragione per cui i prezzi delle case “usate” sono calati può essere individuata, in buona misura, nel fatto che con la crisi anche su questo segmento del mercato la domanda, anziché premere, si è indebolita: in parte perché i potenziali acquirenti rinviano la decisione di investimento, sperando in un ulteriore abbassamento dei prezzi, ma soprattutto perché i loro redditi sono insufficienti a trasformare in effettiva la domanda, anche ai valori correnti delle abitazioni”.
È il parere espresso su lavoce.info – clicca qui - da Raffaele Lungarella, ex docente (ora in pensione) di economia applicata nell'Università di Modena e Reggio Emilia, in merito agli ultimi dati diffusi dall'Istat sull'indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB), che parlano sostanzialmente di un calo del prezzo delle case usate, e invece di una crescita del prezzo delle abitazioni nuove (LEGGI TUTTO).
Lungarella osserva che sul segmento di mercato delle nuove case “vi è un eccesso di offerta rispetto alla domanda”, ma questo squilibrio “non si traduce in una riduzione dei prezzi”.
IL RUOLO DELLE BANCHE. L'articolo su Lavoce.info suggerisce di interpretare questi dati tenendo conto anche del ruolo giocato dalle banche. “Una delle possibili spiegazioni del perché i prezzi non si muovono come prevedono i manuali di economia, potrebbe essere ricercata nel ruolo fondamentale delle banche, che, quando il mercato tirava, hanno finanziato in misura massiccia la costruzione di nuove case. Con il sopraggiungere della crisi e il crollo della domanda, una parte della imprese non è stata in grado di far fronte al servizio del debito. Nei casi di rischio elevato per i loro capitali, le banche finanziatrici hanno pignorato gli immobili. Non li immettono sul mercato, attraverso le procedure di esecuzione immobiliare, per evitare il duplice effetto di esporle a svalutazione e di rendere ancora più difficile smaltire, malgrado la riduzione dei prezzi delle aste, la montagna di case pignorate alle famiglie che non hanno più pagato le rate dei mutui”.
Le banche “sono comunque in grado di influenzare le decisioni delle imprese. Quelle con essi indebitate – spiega Lungarella - resistono e mantengono prezzi di vendita a livelli non accessibili per le famiglie: la loro paura è che, se li abbassano, le banche possano chiedere la restituzione dei prestiti, temendo l’innesto di una spirale di progressiva svalutazione dei crediti concessi (che potrebbero non essere più in bonis). Il che potrebbe significare il pignoramento degli immobili o, peggio, l’avvio di una procedura concorsuale (non tutte posso chiedere il concordato di continuità)”.
Tale convergenza di interessi “concorre a mantenere i prezzi delle nuove abitazioni artificialmente al di sopra di quello di equilibrio tra domanda e offerta. Ma il mercato non si sbloccherà finché i prezzi non caleranno e non si attueranno politiche di sostegno alla domanda”.