di Franco Metta
Sono diversi gli indicatori che dimostrano la ripresa economica in atto: da un lato ci sono i dati sulla produzione industriale dei primi quattro mesi dell’anno, dall’altro le ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps. Secondo uno studio condotto dall’associazione Lavoro&Welfare, che ha rielaborato i dati forniti dall’istituto di previdenza relativi al primo quadrimestre, si registra un calo medio delle ore del 7,38% rispetto allo stesso periodo del 2020.
Tra i settori che riducono maggiormente il ricorso alla cassa integrazione ci sono energia elettrica e gas (-78,62%), industria edile (-65,89%), attività chimiche (-55,89%), meccanica (-47,12%), metallurgia (-45,95%). Altri settori invece, soprattutto nel terziario, registrano un incremento del ricorso alla cassa integrazione: commercio al minuto (+674,42%), alberghiero (+580,77%), trasporti e comunicazioni (+45,36%), alimentari (+9,91%), tessile (+6,38%), abbigliamento (+5,91%), e le attività varie (professionisti, artisti +236,84%).
In totale sono state autorizzate dall’Inps 773 milioni di ore di cassa integrazione così ripartite: più di 416 di cassa ordinaria, oltre 60 milioni di straordinaria, oltre 295 milioni di cassa in deroga.
Il tema della cassa integrazione è strettamente legato a quello del blocco dei licenziamenti: nel D.L. Sostegni bis il premier Draghi ha trovato una mediazione: le imprese dell’industria e delle costruzioni che utilizzeranno la cassa dal 1 luglio al 31 dicembre (sia ordinaria sia straordinaria) non pagheranno le addizionali, ma non potranno licenziare.
Il differente andamento della cassa integrazione per settori è invece alla base dell’emendamento al D.L. Sostegni bis proposto dal Pd in tema di blocco licenziamenti, ovvero la deroga selettiva per i settori in difficoltà (settore tessile e articoli in pelle e pelliccia) che avrebbero così lo stesso trattamento riservato al terziario.