Con la sentenza n. 38611/2019, la terza sezione penale della Corte di cassazione ha chiarito le diverse nozioni riguardanti interventi edilizi, quali quelle di ristrutturazione, di restauro e risanamento conservativo, di nuova costruzione.
Ai sensi del vigente art. 10, comma 1, lett. c), DPR 380/01 richiedono il permesso di costruire interventi di ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni". L'art. 3 del DPR 380/01 citato descrive i predetti interventi nei seguenti termini: sono "interventi di ristrutturazione edilizia" quelli " rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente".
Si è precisato, nel quadro delle predette definizioni, che la ristrutturazione edilizia si caratterizza anche per la previsione di possibili incrementi volumetrici, ma ciò rende necessaria una lettura della norma nel senso che l'aumento di cubatura deve essere senz'altro contenuto, in modo da mantenere netta la differenza con gli interventi di nuova costruzione.
Solo gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati nell'art. 10, comma 1, lett. c) richiedono il permesso di costruire, essendo sufficiente per gli altri la s.c.i.a..
Si tratta, in questo caso, di interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore, individuati dalla giurisprudenza di questa Corte come quelli che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica. Al contrario, le ristrutturazioni edilizie che comportano integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, ammettendosi limitati incrementi di superficie e di volume, necessitano del permesso di costruire ovvero della denunzia di inizio attività alternativa al permesso (v. Sez. 3, n. 47046 del 26/10/2007, Soldano, Rv. 238460; Sez. 3, n. 40173 del 26/09/2006, Balletta, non massimata).
Infine, rispetto alle formulazioni precedenti, il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), non comprende più, tra gli interventi di ristrutturazione soggetti a permesso di costruire, quelli comportanti aumento di unità immobiliari e mutamenti della sagoma. Salvi comunque, in quest'ultimo caso, gli interventi eseguiti in zone - come quella in esame - sottoposte a vincolo ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004 e fermo restando, in ogni caso, il divieto di apportare modifiche alla volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti (cfr. anche in motivazione, Sez. 3, n. 49221 del 06/11/2014 Rv. 261216 - 01 Pmt ed altro).
Sono invece interventi di restauro e risanamento conservativo ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. c) del D.P.R. n. 380 del 2001, "gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purchè con tali elementi compatibili nonchè conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino 'e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio".
Consegue che la finalità degli interventi di restauro e risanamento conservativo è quella di rinnovare l'organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma pur sempre nel rispetto dei suoi elementi essenziali "tipologici, formali e strutturali". In proposito la Suprema Corte (cfr. Sez. 3, n. 16048 del 21/04/2006 Rv. 234265 - 01 D'Antoni) ha chiarito che il rispetto degli elementi essenziali "tipologici, formali e strutturali" impone che non possono essere mutati:
- la "qualificazione tipologica" del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie;
- gli "elementi formali (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l'immagine caratteristica di esso;
- gli "elementi strutturali", cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell'organismo edilizio.
Da quanto esposto, la giurisprudenza di legittimità ha sempre dedotto il principio della finalità di conservazione come caratteristico degli interventi di recupero e risanamento conservativo, così sottolineando la necessità che sia inalterata la struttura dell'edificio, sia all'esterno che al suo interno.
Dall'analisi delle due suesposte nozioni di ristrutturazione da una parte e risanamento e restauro dall'altra, emergono le relative differenze: gli interventi di "ristrutturazione edilizia" comprendono l'esecuzione di lavori consistenti nel ripristino o nella sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, ovvero nella eliminazione, Modificazione e inserimento di nuovi elementi ed impianti, e sono distinguibili dagli interventi di "risanamento conservativo", i quali si caratterizzano per il mancato apporto di modifiche sostanziali all'assetto edilizio preesistente, alla luce di una valutazione compiuta tenendo conto della globalità dei lavori eseguiti e delle finalità con .questi perseguite (Sez. 3, n. 49221 del 06/11/2014 Rv. 261216 - 01 Pmt ed altro).
Quanto alle nuove costruzioni il legislatore, dopo avere descritto all'art. 3 del DPR 380/01 gli interventi di manutenzione, restauro e risanamento nonché ristrutturazione, ha stabilito, alla lettera e) del medesimo articolo, che integrano "nuova costruzione" quegli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti, oltre poi a individuarne talune ipotesi - non esaustive - alle successive lettere da el) ad e7). Per quanto di particolare interesse in questa sede, occorre evidenziare che integrano una "nuova costruzione" i manufatti "fuori terra o interrati", ovvero "l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente" ( art. 3 lett. el) cit.). Inoltre, occorre in proposito evidenziare che mentre gli interventi di risanamento non contemplano aumenti di volumetria, essi sono possibili in sede di ristrutturazione: tuttavia le "modifiche volumetriche" previste dall'art. 10 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 per le attività di ristrutturazione edilizia devono consistere in diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ovvero in incrementi volumetrici modesti, tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria. Ciò in quanto, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra la ristrutturazione edilizia e la nuova costruzione (cfr. Sez. 3, n. 47046 del 26/10/2007 Rv. 238462 - 01 Soldano).
In allegato la sentenza