In tema di Irap, il professionista che sia inserito in uno studio associato, sebbene svolga anche una distinta e separata attività professionale, diversa da quella espletata in forma associata, ha l’onere di dimostrare, al fine di sottrarsi all’applicazione dell’imposta, la mancanza di autonoma organizzazione, ossia di non fruire dei benefici organizzativi recati dalla sua adesione alla detta associazione che, proprio in ragione della sua forma collettiva, normalmente fa conseguire agli aderenti vantaggi organizzativi e incrementativi della ricchezza prodotta quali, ad esempio, le sostituzioni in attività, materiali e professionali, da parte di colleghi di studio, l’utilizzazione di una segreteria o di locali di lavoro comuni, la possibilità di conferenze e colloqui professionali o altre attività allargate, l’utilizzazione di servizi collettivi e quant’altro caratterizzi l’attività svolta in associazione professionale. In ogni caso, l’onere della prova relativa alla modalità di conseguimento del reddito, volta a dimostrare che l’attività è stata espletata in modo individuale e senza fruire dei benefici organizzativi derivanti dall’adesione alla associazione, grava sul contribuente, in modo ancor più pregnante, in ipotesi di richiesta di rimborso. (fonte: Fisco Oggi)
Lo ha affermato la Cassazione civile nell'ordinanza n. 9597 del 25 maggio 2020 (udienza 30 gennaio 2020).
In allegato l'ordinanza