Non possono essere detratte le spese sostenute dal marito per i lavori di ristrutturazione e di risparmio energetico sull’immobile in comproprietà con la moglie, se tali lavori sono stati effettuati sul fabbricato ancora in costruzione, risultando, dunque, come lavori di completamento e non di ristrutturazione. Lo ha precisato la Cassazione con l’ordinanza n. 13043 del 15 maggio 2019.
I FATTI. A seguito di controllo formale del modello Unico PF 2010 per l’anno imposta 2009, ex articolo 36-ter, Dpr 600/197373, e sulla base della documentazione prodotta dal contribuente, l’ufficio ha disconosciuto le spese di ristrutturazione e risparmio energetico da lui portate in detrazione nella misura pari (allora), rispettivamente, del 36% e del 55%, in quanto ritenute relative a un fabbricato ancora in fase di completamento, poiché indicato in catasto con categoria F3 (ossia immobile in costruzione).
Diversamente da quanto previsto nelle istruzioni per la compilazione del modello Unico, infatti, gli interventi, al momento della richiesta dei benefici fiscali nella dichiarazione annuale, non erano stati eseguiti su unità immobiliari già esistenti, ma su porzioni di fabbricato non idonee a essere destinate ad abitazione.
Il contribuente, comproprietario al 50% del fabbricato assieme alla moglie, ha impugnato la conseguente cartella di pagamento, sostenendo che l’immobile era in fase di ristrutturazione alla data in cui era stato chiesto il beneficio fiscale e che tale circostanza era suffragata dalla sussistenza di un contratto di fornitura elettrica e dalla domanda di condono edilizio, presentata dal precedente proprietario. A suo parere, quindi, i lavori eseguiti, non avendo comportato modifiche nella volumetria e nella sagoma dell’edificio, dovevano ritenersi di ristrutturazione. I giudici di merito hanno respinto il ricorso e il successivo appello del contribuente, ritenendo fondate, invece, le argomentazioni dell’ufficio secondo le quali la detrazione non poteva estendersi alla diversa ipotesi della demolizione e ricostruzione dell’immobile. In particolare, la Commissione regionale ha ritenuto i documenti esibiti non idonei a superare le conclusioni dell’ufficio:
- il certificato di residenza attestava il trasferimento nell’immobile dal 2012
- dalla visura catastale del 2014 emergeva che l’immobile era ancora in costruzione
- l’attestazione di pagamento degli interessi si riferiva al mutuo stipulato oltre i 6 mesi precedenti la data di inizio lavori
- la fornitura di energia elettrica è necessaria, comunque, anche per un cantiere di lavoro
- dalla perizia giurata extra-giudiziale, redatta nel 2013, emergeva, con termini molto generici, che la realizzazione del manufatto era avvenuta “già da diversi anni”.
Anche in Cassazione il ricorso del contribuente non ha avuto sorte migliore non essendo stata dimostrata l’ultimazione dei lavori al fine di superare gli elementi probatori presi in considerazione dai giudici tributari, e non essendo più possibile, comunque, “…rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità …” e, inoltre, “…in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento … opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità…” (Cassazione, decisione n. 13043/19).
L’ORDINANZA. I giudici di legittimità hanno confermato che la locuzione “ristrutturazione edilizia” esprime letteralmente il recupero di costruzioni già esistenti, non potendosi estendere alla diversa ipotesi di immobile in costruzione e non ancora completato alla data di richiesta delle agevolazioni fiscali.
Al riguardo la Corte ha considerato che la Ctr si era espressa esplicitamente e direttamente sul fatto decisivo oggetto della controversia e cioè sul “se”, alla data della presentazione della dichiarazione dei redditi con contestuale richiesta della detrazione delle spese, l’immobile oggetto di intervento di ristrutturazione e di risparmio energetico fosse stato ultimato, come affermato dal contribuente, o ancora in costruzione, come sostenuto dall’ufficio. In particolare i giudici di appello avevano affermato che l’uomo non aveva dimostrato l’ultimazione dei lavori a fronte di elementi probatori significativi, espressamente presi in considerazione, quali “…la certificazione catastale, la comunicazione di inizio lavori, la perizia giurata, il certificato di residenza, il contratto di fornitura elettrica, e il pagamento di interessi per un mutuo…”, e testualmente richiamati dalla Cassazione.
OSSERVAZIONI. L’articolo 16-bis del Tuir, nell’individuare le varie tipologie di interventi agevolabili, rimanda all’articolo 3, comma 1, Dpr 380/2001 (Testo unico dell’edilizia) e, in particolare, per quanto riguarda i lavori eseguiti nelle singole unità immobiliari, richiama (anche) gli interventi di ristrutturazione edilizia (lettera d).
Nella recente risposta a interpello n. 150/2019 (che ha ritenuto spettante la detrazione per le sole spese di ristrutturazione dell’edificio esistente e non anche per quelle di ampliamento), l’Agenzia ha ribadito che l’intervento edilizio agevolato deve avere carattere conservativo del patrimonio immobiliare esistente e ha evidenziato che la qualificazione della tipologia di interventi effettuati spetta al Comune o ad altro ente territoriale, in qualità di organo competente per le classificazioni urbanistiche.
Ai fini delle agevolazioni previste dall’articolo16-bis richiamato, infatti, dal titolo amministrativo di autorizzazione dei lavori risulta se l’opera consiste in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente (articolo 3, comma 1, lettera d), Dpr 380/2001) o piuttosto in un intervento di nuova costruzione (articolo 3, comma 1, lettera e), Dpr 380 citato). Al riguardo l’Agenzia ha confermato che, se l’intento conservativo non permane (nell’ipotesi di ristrutturazione con demolizione e fedele ricostruzione, rispettando la volumetria dell’edificio preesistente – vedi anche circolare n. 7/2018), la detrazione non può essere riconosciuta poiché l’ampliamento della volumetria preesistente determina che l’immobile vada considerato “nuova costruzione”. (fonte: FiscoOggi)
In allegato l'ordinanza