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Cave, il Governo impugna la nuova legge della Toscana

Sarebbe incostituzionale la norma che include nel patrimonio indisponibile comunale anche i “beni estimati”

lunedì 1 giugno 2015 - Redazione Build News

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Nella riunione del 29 maggio scorso, il Consiglio dei ministri ha impugnato dinanzi alla Corte costituzionale la nuova legge regionale della Toscana in materia di cave, approvata nel marzo scorso dal Consiglio regionale (LEGGI TUTTO).

Secondo il Governo, l’art. 32, comma 2 della Legge della Regione Toscana n. 35 del 25 marzo 2015, “Disposizioni in materia di cave. Modifiche alla l.r. 104/1995, l.r. 65/1997, l.r. 78/1998, l.r. 10/2010 e l.r. 65/2014”, contrasterebbe con le disposizioni costituzionali che regolano la materia “ordinamento civile”.  

INCLUSI NEL PATRIMONIO INDISPONIBILE COMUNALE ANCHE I “BENI ESTIMATI”. L’articolo 32, comma 2, annovera tra i beni inclusi nel patrimonio indisponibile comunale, oltre agli agri marmiferi di cui alle concessioni livellarie già rilasciate dai Comuni di Massa e Carrara e dalle soppresse "Vicinanze" di Carrara, già disciplinate ai sensi dell’art. 1, comma 2 della legge regionale 5 dicembre 1995, n. 104, anche i c.d. “beni estimati”, di cui all’editto della Duchessa Maria Teresa Cybo Malaspina del l febbraio 1751. La norma prevede che i Comuni di Massa e di Carrara procedano alla ricognizione di tali beni, diano comunicazione dell’accertamento ai titolari delle concessioni e autorizzazioni alla coltivazione dei beni medesimi e provvedano ai conseguenti adempimenti previsti dal Capo IV della legge regionale.

La previsione è innovativa rispetto a quanto previsto dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 1 della legge regionale della Toscana n. 104/1995, secondo cui gli agri marmiferi appartengono al patrimonio indisponibile comunale, “se di essi il Comune risulti proprietario ai sensi delle normative in atto all'entrata in vigore della medesima l.r. n. 104/1995”. Tale norma non contempla espressamente i “beni estimati”, e il rinvio alle normative in atto all’entrata in vigore della medesima l.r. n. 104/1995 presenta margini di ambiguità. La Corte Costituzionale, chiamata a sindacare la legittimità della L.r. n. 104/1995 in parola, ha escluso “che l'art. 64, terzo comma, del r.d. n. 1443 del 1927 possa essere interpretata come norma recettizia dell’ordinamento delle leggi estensi, nel quale i futuri regolamenti comunali dovrebbero inserirsi rispettandone le linee essenziali (...). L'art. 64 ha mantenuto in vigore la legislazione preunitaria solo in via transitoria, fino al giorno dell’entrata in vigore dei due regolamenti: ai Comuni di Massa e Carrara è attribuito un potere regolamentare autonomo, con efficacia analoga a quella della legge ­ e quindi abilitato anche a incidere sui rapporti privati – in funzione di un rinnovamento della disciplina della coltivazione delle cave in conformità della legge mineraria e nei limiti della legislazione regionale protettiva del territorio e dell'ambiente" (Corte Cost. n. 448/1995).

Parimenti, il regio decreto n. 1443/1927 (Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere del Regno), nel delegare i Comuni di Carrara e Massa ad emanare un regolamento “per disciplinare le concessioni dei rispettivi agri marmiferi”, non conteneva alcun espresso riferimento ai c.d. “beni estimati”.

LA QUESTIONE DELLA NATURA GIURIDICA, PUBBLICA O PRIVATA, DEI “BENI ESTIMATI” È CONTROVERSA. Al riguardo, il Governo osserva che la natura giuridica, pubblica o privata, dei cosiddetti “beni estimati” è oggetto di dibattito tra gli studiosi. Secondo un orientamento, su questi beni sussiste un vero e proprio diritto di proprietà, sono oggetto di atti di compravendita, nonché di acquisti all’asta nell’ambito di procedure esecutive regolate dai tribunali competenti, senza che si sia mai resa necessaria alcuna autorizzazione comunale, anche la Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara, in alcune pronunce, ha distinto “due tipologie di terreni marmiferi, alcuni terreni c.d. agri marmiferi risultano di proprietà del Comune di Carrara detenuti dalle società in regime di concessione, altri invece di proprietà delle società medesime c.d. beni estimati” (cfr. Commiss. Trib. Prov. Toscana Massa Carrara, Sez. II, Sent., 31 gennaio 2011, n. 14).

Secondo un opposto orientamento, fondato su pareri di studiosi di chiara fama (tra i quali Cesare Piccioli, Paolo Barile ed Emanuele Conte) i “beni estimati” non hanno mai costituito oggetto di piena proprietà: il richiamato Editto del 1751, infatti, si sarebbe limitato ad attribuire a soggetti privati diritti di godimento su beni che rientravano nella proprietà delle cosiddette “Vicinanze”. Il diritto di proprietà delle Vicinanze su tali beni, infatti, sarebbe stato inusucapibile e imprescrittibile. Tuttavia, si rileva che il regio decreto 1443 del 1927 – che, come già osservato, fa riferimento agli agri marmiferi di Massa e Carrara, ma non ai “beni estimati” – ha abrogato la legislazione preunitaria precedente, così che sussistono dubbi circa la perdurante validità della qualificazione giuridica appena prospettata.

Nel dirimere il suddetto contrasto interpretativo includendo i “beni estimati” nell’ambito del patrimonio indisponibile comunale, nonostante consistenti elementi potrebbero far ritenere tali beni come oggetto di proprietà privata, la disposizione regionale impugnata colma una lacuna nell’ordinamento civile italiano. Tuttavia, questa operazione – conclude il Governo - deve ritenersi rimessa alla potestà legislativa esclusiva statale in materia di “ordinamento civile”, quindi la disposizione censurata viola l’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione.

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