Con la Risoluzione n.115 /E del 1 settembre 2017 – CLICCA QUI, l'Agenzia delle Entrate fornisce dei chiarimenti in merito all’applicabilità dell’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.lgs n. 472 del 1997 alla sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del D.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nell’ipotesi di omessa o tardiva presentazione della comunicazione della proroga del contratto di locazione in regime di “cedolare secca”.
Come rammenta la rivista online Fisco Oggi, optando per il regime della cedolare secca (articolo 3, Dlgs 23/2011), il contribuente persona fisica può scegliere di tassare il reddito fondiario derivante dalla locazione di immobili abitativi con un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle imposte di registro e di bollo. L’aliquota sui canoni di locazione è del 21%, anziché quella corrispondente al proprio scaglione marginale, ulteriormente ridotta al 10% nel caso di affitto a canone concordato.
Una delle condizioni per fruire dell’agevolazione è la rinuncia all’aumento del canone di locazione. La ratio della cedolare secca, quindi, non è solo far emergere il nero, ma anche calmierare il prezzo del mercato degli affitti.
Ciò posto, la circolare 26/2011 aveva chiarito che l’opzione doveva essere ripetuta in sede di comunicazione del rinnovo o proroga del contratto, barrando i campi del modello 69 (oggi sostituito dal modello Rli). I contribuenti che ignoravano tale obbligo, rischiavano di perdere i benefici del regime.
Nel tentativo di ovviare a tale situazione, la circolare 47/2012 aveva precisato che il contribuente avrebbe potuto fruire del regime della cedolare secca avvalendosi dell’istituto della remissione “in bonis”, manifestando l’opzione nel termine per versare l’imposta di registro dovuta per le annualità successive, cioè entro trenta giorni dalla scadenza di ciascuna annualità (articolo 17, comma 3, del Tur).
DL 193/2016. Recentemente, il legislatore è nuovamente intervenuto sulla questione con l’articolo 7-quater, comma 24, del Dl 193/2016: “In caso di mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga, anche tacita, o alla risoluzione del contratto di locazione per il quale è stata esercitata l'opzione per l'applicazione della cedolare secca, entro trenta giorni dal verificarsi dell'evento, si applica la sanzione nella misura fissa pari a euro 100, ridotta a euro 50 se la comunicazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni”.
In altri termini, nell’ipotesi di omessa o tardiva presentazione della comunicazione di proroga del contratto, il contribuente che ha tenuto un comportamento coerente con la volontà di applicare la cedolare secca, non decade più dal regime di favore per il quale ha già manifestato l’opzione, ma viene sanzionato solo con l’applicazione di una sanzione in misura fissa, commisurata in base alla gravità del ritardo. Nel caso concreto, come precisato dalla circolare 8/2017, il comportamento concludente consiste nel non aver versato l’imposta di registro dovuta annualmente sul canone di locazione per l’omologo periodo e, nel caso di presentazione della dichiarazione dei redditi, nell’avere barrato i campi previsti per indicare che il reddito derivante dal canone di locazione va assoggettato al regime della cedolare secca.
Si ricorda, infine, che, secondo la citata circolare 26/2011, per i contratti in itinere al momento di entrata in vigore della legge - in cui era generalmente previsto l’adeguamento del canone al “caro vita” - il locatore, per applicare la cedolare secca, doveva comunicare al conduttore di rinunciare a tale aumento mediante raccomandata. La rettifica del contratto assumeva, cosi, la stessa forma del contratto già stipulato ed era garantita la certezza della comunicazione.
I DUBBI E I NUOVI CHIARIMENTI DELLE ENTRATE. Alcuni contribuenti hanno sollevato dubbi in relazione all’applicabilità dell’istituto del ravvedimento operoso (articolo 13, Dlgs 472/1997) nonché alle modalità da seguire per comunicare la rinuncia all’aumento del canone, condizione per l’esercizio dell’opzione stessa.
Tali dubbi sono stati chiariti con la risoluzione n. 115/E del 1° settembre 2017.
Con riferimento alla prima questione, secondo il documento di prassi, il legislatore ha introdotto una sanzione proporzionale alla gravità del comportamento tenuto dal contribuente, come dimostra la riduzione della stessa, da 100 a 50 euro nel caso in cui la proroga sia presentata con un ritardo non superiore a trenta giorni. A tale disposizione sanzionatoria è comunque applicabile la disciplina generale del ravvedimento operoso che permette al contribuente di rimediare in modo spontaneo alle omissioni e irregolarità commesse, per poter fruire della riduzione delle sanzioni, in proporzione al ritardo con cui avviene la regolarizzazione. È proprio dalla manifesta volontà di premiare un comportamento corretto che si ricava la tendenziale onnicomprensività dell’istituto, cioè la sua applicabilità alla totalità delle violazioni tributarie, con la sola eccezione di alcune fattispecie, che restano escluse per evidenti ragioni di politica tributaria (si pensi, ad esempio, alla compensazione del credito effettuata violando le disposizioni che disciplinano le agevolazioni per gli investimenti in aree svantaggiate - cfr, articolo 62, comma 6, legge 289/2002).
Pertanto, non può dubitarsi della generale applicabilità del ravvedimento, sia in base alla ratio premiale dell’istituto sia in base al dato testuale. L’articolo 13 del Dlgs 472/1997, infatti, prevede che “la sanzione è ridotta”, senza ulteriori precisazioni; inoltre, il comma 5 stabilisce che “le singole leggi ed atti aventi forza di legge possono stabilire ad integrazione di quanto previsto nel presente articolo, ulteriori circostanze che importino l’attenuazione della sanzione”.
In tal modo, il legislatore ha precisato che l’istituto del ravvedimento resta sempre applicabile anche nell’eventualità in cui altre norme primarie abbiano disposto specifiche riduzioni della sanzione.
L’ipotesi è proprio quella che ricorre nel caso esaminato dalla risoluzione odierna che, come evidenziato, dispone il dimezzamento della sanzione nell’ipotesi in cui il contribuente comunichi la proroga (o la risoluzione) del contratto di locazione con un ritardo non superiore a trenta giorni.
In particolare, viene precisato che, ai fini del calcolo della sanzione di cui all’articolo 3, comma 3, del Dlgs 23/2011, in conseguenza dell’applicazione del ravvedimento operoso, occorre tener conto del momento in cui viene sanato l’inadempimento.
Ciò significa che, se la comunicazione della proroga (o della risoluzione) del contratto di locazione in cedolare secca avviene con un ritardo non superiore a 30 giorni, la sanzione è di 50 euro, ridotta in base alle percentuali previste dall’articolo 13 del Dlgs 472/1997, a seconda dei termini entro cui il contribuente si ravvede.
Se, invece, la comunicazione della proroga (o della risoluzione) avviene con un ritardo superiore a 30 giorni, la sanzione base è di 100 euro, anche questa ridotta in base ai tempi in cui avviene la regolarizzazione.
Riguardo al secondo problema relativo alle modalità di comunicazione della rinuncia all’aumento del canone, cui resta subordinata la validità dell’opzione per l’applicazione della cedolare secca, la risoluzione chiarisce che la dichiarazione di rinuncia all’aumento del canone costituisce solo un modo per integrare il contratto in essere e l’invio della rinuncia a mezzo raccomandata ha la funzione di assicurare che la rinuncia sia stata effettivamente comunicata al conduttore.
L’invio della raccomandata con la rinuncia all’aumento del canone, pertanto, è necessario solo se tale rinuncia non sia stata già prevista in sede di stipula del contratto (cfr circolare 20/2012, paragrafo 9) e nell’ipotesi in cui la durata della precedente comunicazione di rinuncia, inviata a mezzo raccomandata, risultasse diversa e inferiore a quella del contratto di locazione stipulato tra le parti.