Le cosiddette celle solari PERC (Passivated Emitter and Rear Cell), sviluppate per la prima volta nel lontano 1989, sono dotate di uno strato aggiuntivo sul retro che consente di riflettere e intrappolare la luce non assorbita dal wafer, rendendo il modulo molto più efficiente. Una delle problematiche legate al PERC riguarda, però, gli aspetti produttivi. La complessità dei moduli li ha finora resi difficile da produrre e ne ha quindi limitato la diffusione su larga scala.
Raggio laser che crea 100mila punti di contatto al secondo
Grazie a una tecnica innovativa sviluppata da un team di ricercatori del Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems ISE di Friburgo le cose potrebbero cambiare. La difficoltà produttiva risiede principalmente nel fatto che il film sottile, per essere efficiente, deve avere delle piccole aperture che garantiscano il contatto fra l’ettrodo e il wafer in silicio. Ed è qui che i ricercatori Ralf Preu e Jan Nekarda sono intervenuti, grazie allo sviluppo di una tecnica che utilizza un raggio laser per creare 100mila punti di contatto al secondo, senza ovviamente danneggiare il silicio.
Premio Joseph-von-Fraunhofer per collaborazione con le aziende
Il metodo, ribattezzato LFC (Laser-Fired Contact), ha riscosso un grande successo perché è economico e può essere implementato facilmente. Numerose aziende, tra cui la Hanwha Q Cells, hanno già dimostrato interesse nella tecnologia. Nel complesso si parla di più di 200 mln di euro investiti soltanto quest’anno dai produttori che hanno scelto di adottare il processo.
Questa risposta positiva da parte del mercato è valsa a Ralf Preu e Jan Nekarda il premio Joseph-von-Fraunhofer, volto a premiare partnership fra il mondo della ricerca e quello aziendale.
L’obiettivo dei ricercatori è ora quello di cercare di migliorare sempre più le performarce del PERC, già superiori al 21%.