Nel 2016 la produzione di cemento in Italia è stata di 19,3 milioni di tonnellate con una diminuzione del 7,2 per cento rispetto al 2015. La contrazione ha interessato tutto il territorio nazionale, maggiormente il Sud e le Isole dove l’arretramento è stato superiore al 10 per cento.
Lo rileva la “Relazione annuale 2016” dell'Aitec - Associazione Italiana Tecnico Economica Cemento.
Se nel 2015 il trend dei consumi di cemento aveva riscontrato un notevole ridimensionamento della propria dinamica negativa, nel 2016 i consumi sono tornati a diminuire sensibilmente registrando un decremento del 4,8 per cento attestandosi a 18,6 milioni di tonnellate. La variazione negativa del 2016 è stata determinata dal cattivo andamento del comparto residenziale delle costruzioni.
In un contesto in cui gli investimenti in costruzioni si stima siano aumentati complessivamente dello 0,3 per cento, quelli in nuove abitazioni mostrano una riduzione del 3,4 per cento rispetto al dato del 2015. La contrazione di questo segmento produttivo è certificata dal significativo calo dei permessi di costruzione.
Per il 2015 l’Ance ha stimato il rilascio di 47.500 nuovi permessi che, se confrontati con il picco del 2005 (oltre 300mila), evidenziano una caduta dell’84,5 per cento. Il settore delle opere pubbliche, penalizzato negli scorsi anni da politiche di bilancio restrittive, ha registrato un aumento dello 0,4 per cento rispetto al 2015. Gli effetti sul settore cementiero però si prevede possano manifestarsi compiutamente solo a partire dall’anno in corso.
Diminuita nel 2016 anche la produzione di clinker sebbene con una contrazione minore (-4,9 per cento rispetto al 2015) pari a circa 14,8 milioni di tonnellate. Il rapporto tra clinker e cemento è del 76 per cento.
Le prospettive per il 2017 concordano per uno scenario improntato a un cauto ottimismo con i consumi che dovrebbero mantenersi sullo stesso livello del 2016 o migliorare leggermente. Il consolidamento della crescita economica del Paese, così come confermato dalla pubblicazione dei primi dati dell’anno, insieme al superamento delle difficoltà relative all’applicazione del rinnovato codice degli appalti, dovrebbero favorire l’espansione degli investimenti pubblici, cruciali per la ripartenza del settore.
L’INTERSCAMBIO CON L’ESTERO. Anche nel 2016 l’Italia ha confermato il proprio ruolo di paese esportatore di cemento e clinker. Verso l’estero sono andate quasi 1,9 milioni di tonnellate di prodotto, in netto calo rispetto al 2015, ma sufficienti a garantire un interscambio positivo con l’estero di circa 650mila tonnellate. Le importazioni (cemento e clinker) sono diminuite di poco (-2 per cento) arrivando a circa 1,2 milioni di tonnellate.
Per quanto riguarda il clinker, nel 2016, l’Italia presenta un interscambio equilibrato tra import ed export (292mila tonnellate ugualmente in entrata e in uscita) con le importazioni in calo del 30 per cento rispetto al 2015. Quasi il 90 per cento del clinker importato proviene dalla vicina Slovenia.
Le importazioni di cemento provengono invece principalmente da Grecia, Slovenia, Croazia e Turchia che, insieme, rappresentano circa il 70 per cento del totale dei flussi in entrata. Si consolida quindi il processo in corso da qualche anno del progressivo spostamento dell’importazione dai paesi geograficamente più vicini alle coste italiane. Tale fenomeno è favorito dal basso livello di prezzo espresso dal mercato nazionale.
L’area mediterranea rimane il principale ambito di destinazione del nostro export di cemento e clinker. Con una quota del 19,3 per cento, la Francia rappresenta il primo mercato di sbocco del cemento italiano superando l’Algeria ferma al 19,2 per cento. Seguono la Svizzera e la Spagna, rispettivamente con quote del 16 e del 13 per cento. Complessivamente queste quattro nazioni, insieme a Malta, rappresentano l’80 per cento delle esportazioni italiane di cemento. Anche in questo caso la prossimità geografica risulta essere una variabile determinante.