La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha sottoposto al vaglio della Corte di giustizia UE la normativa interna sugli affidamenti contrattuali da parte dei piccoli comuni a mezzo delle “centrali di committenza”, nella parte in cui riduce i modelli organizzativi utilizzabili, esclude la partecipazione anche di soggetti privati e limita l’ambito territoriale della loro operatività.
“Si chiude positivamente”, commenta l'Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (Asmel), “una lunga pagina legata alla vertenza che ha visto contrapposti la Centrale Asmel Consortile e Anac in merito al provvedimento n. 32/2015 con il quale l’Autorità Anticorruzione ne aveva contestato le modalità organizzative definite “non rispondenti” al comma 3bis dell’art.33 del D.lgs. n. 163/2006.
Il Collegio giudicante, con ordinanza n. 68 del 3 gennaio 2019, ha aderito alla richiesta Asmel di rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea perché si esprima sulla coerenza con i principi europei del comma 3-bis che aveva imposto ai Comuni non capoluogo la centralizzazione degli acquisti.
Asmel, l'Associazione che raggruppa oltre 2500 Comuni in tutta Italia, adeguandosi appunto alle Direttive europee aveva promosso una Centrale di committenza, nella forma di Società Consortile ai sensi del Codice Civile e senza limiti territoriali.
Se il comma della discordia è stato ormai abrogato dall'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, conforme alla Direttiva 2014/24/UE, il rischio di interpretazioni spesso penalizzanti per l’autonomia organizzativa dei Comuni resta sempre dietro l'angolo. Tanto più che nella “delega appalti” troverà posto anche il Regolamento attuativo del Codice.
Questa decisione del massimo organo di giustizia amministrativa rappresenta dunque un monito a non perseverare nel “provincialismo” tipico degli apparati romani che fanno fatica a cogliere il senso e applicare in Italia i principi (obbligatori) di autonomia organizzativa e di “confronto competitivo” tra Centrali di committenza fissati in ambito comunitario e troppo spesso incorrendo nel divieto europeo di "gold plating" (ovvero di complicazione normativa nel recepimento delle direttive).
La decisione della Corte di Giustizia arriverà non prima di due anni e probabilmente avrà valore solo in merito a eventuali pretese risarcitorie della Centrale di committenza Asmel, la quale non ha mai smesso di operare e anzi, malgrado la controversia con Anac, ha registrato risultati di tutto rispetto. I dati pubblicati a fine anno parlano chiaro: 1.461 soci in tutta Italia con raddoppio di numero delle gare e di transato che ha superato i 2 miliardi di euro. Prima e unica Centrale certificata ISO 37001, lo standard europeo che attesta il rispetto delle norme anticorruzione. Tasso di soccombenza avanti al Giudice al di sotto dello 0,7%. Utilizzo diffuso di piattaforme telematiche che assicurano semplificazione oltre che tracciabilità e trasparenza, veri antidoti alla corruzione”.
In allegato l'ordinanza del Consiglio di Stato