di Franco Metta
Generalmente la domanda di lavoro supera l’offerta, ovvero l’effettivo fabbisogno delle imprese – per questo la disoccupazione nel nostro Paese riguarda oggi quasi 1 milione di persone. Un dato che sarebbe stato ancora più elevato se non fosse intervenuto il blocco dei licenziamenti varato per arginare gli effetti economici dell’emergenza Covid. Senza contare che, ai fini statistici, rientrano tra i disoccupati solo coloro che effettivamente sono alla ricerca di un lavoro.
Può verificarsi però anche il caso opposto, ovvero che l’offerta di lavoro non trova adeguate domande. È quanto rivela il rapporto redatto da Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche). Mettendo a confronto gli ultimi dati disponibili sul numero di qualificati e diplomati di Istruzione e Formazione professionale e relativi all’anno 2018-19 con le stime sulla domanda di lavoro contenute nel rapporto Excelsior 2021-2025, l’Istituto ha evidenziato che ci sono ben 73 mila posti non ricoperti per mancanza di qualifiche.
In pratica il nostro sistema di istruzione e formazione professionale ha messo a disposizione 80 mila figure professionali ma la corrispondente offerta per quella tipologia ammonta a 153.800 unità, lasciando quindi scoperto il 48% dei posti disponibili soprattutto in settori come la meccanica, la logistica e l’edilizia.
Solo nel comparto della meccanica c’è un fabbisogno di 31.800 addetti, ma solo 5.443 figure si sono diplomate o qualificate. Per non parlare dell’edile dove a fronte di una richiesta di 10.000 unità, si contano appena 398 diplomati/qualificati. Stesso discorso per il settore della logistica: 5.600 il fabbisogno, 140 la disponibilità.
Pochi invece i settori dove l’offerta di lavoro è interamente o quasi soddisfatta: l’Abbigliamento (1.700 offerta vs 2.161 qualificati) e quello della Ristorazione (23.400 offerta vs 21.909 qualificati).
Questa penuria di figure professionali sempre più ricercate potrebbe addirittura aumentare: infatti secondo Sebastiano Fadda, presidente di Inapp, “per effetto della pandemia molte imprese si sono trasformate, puntando sul digitale e sul commercio elettronico, un cambiamento che però non c’è nell’offerta di lavoro, mentre le professionalità più ricercate sono proprio nell’ICT”. “Non se ne esce se non migliorando radicalmente l’offerta che deriva dall’Istruzione e Formazione professionale”, conclude Fadda.