Sentenze

Certificati bianchi, il Tar Lazio bacchetta il Gse

Annullato un provvedimento del Gse di diniego relativo al riconoscimento di Tee per un intervento di sostituzione di un impianto di riscaldamento di serre per produzioni agricole, alimentato a gasolio, con un impianto alimentato a biomasse

martedì 6 febbraio 2018 - Redazione Build News

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Una società ha realizzato per conto di un proprio cliente un intervento consistente nella sostituzione di un impianto di riscaldamento di serre per produzioni agricole, alimentato a gasolio, con un impianto alimentato a biomasse. Dopo aver presentato richiesta di verifica e certificazione (RVC) dei risparmi ai sensi della scheda 40E allegata al citato d.m., la società ha chiesto l’annullamento del provvedimento con cui il Gse, all’esito dell’interlocuzione procedimentale, ha respinto in parte la domanda riconoscendo un minor numero di titoli di efficienza energetica (TEE o certificati bianchi; 596 anziché gli 893 richiesti, per una differenza di 297 certificati semestrali).

Con la sentenza n. 1317/2018 pubblicata il 2 febbraio, il Tar Lazio, dopo aver riportato il quadro normativo, evidenzia che il “metodo di valutazione standardizzata”, introdotto nel 2002 e confermato dalla disciplina susseguitasi nel tempo, prescinde totalmente dall’effettuazione di “misurazioni dirette”, non venendo in alcun modo contemplata la rilevanza di dati diversi da quelli contenuti nelle singole “schede tecniche”.

Esso permette di stabilire a priori il risparmio ottenibile per ciascuna “unità fisica di riferimento”, da intendere come “il prodotto, l’apparecchio, il componente di impianto o la grandezza fisica definita ai fini della valutazione del risparmio indicata nelle schede tecniche di valutazione standardizzata” (v. art. 1.1 delib. Aeeg n. 9/11), secondo quel che risulta dalla strutturazione del procedimento di calcolo dei risparmi.

Proprio questa è la caratteristica che differenzia il metodo in esame da quello di valutazione analitica, che al contrario prevede la quantificazione del risparmio lordo “sulla base di un algoritmo di valutazione predefinito e della misura diretta di alcuni parametri di funzionamento del sistema dopo che è stato realizzato l’intervento” (v. art. 5 delib. Aeeg n. 9/11).

Si può allora cogliere l’errore in cui è incorso il Gestore, che ha calcolato il risparmio utilizzando un elemento, vale a dire l’effettivo “fabbisogno termico della serra” (determinato attraverso i dati e la metodologia forniti dal proponente), non contemplato in alcun modo dall’inerente disciplina (come si evince agevolmente dalla lettura della scheda tecnica n. 40E e del relativo “Allegato”, recante per l’appunto la “procedura per il calcolo del risparmio di energia primaria”).

L’esclusione di “misurazioni dirette” è infatti oggetto di una precisa indicazione di legge: l’art. 12 d.m. 28.12.2012 prevede l’approvazione delle nuove schede ai sensi dell’art. 30, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 28/2011, che rinvia (giova ribadire) alla definizione di “procedure standardizzate che consentano la quantificazione dei risparmi con l’applicazione di metodologie statistiche e senza fare ricorso a misurazioni dirette”. In questa prospettiva, il riferimento all’“applicazione di metodologie statistiche” (per la predisposizione delle schede) fornisce ulteriore conferma del senso dell’intervento legislativo.

Tanto più che, come si è visto, la disciplina in questione non prescrive l’inoltro dei dati poi impiegati dal Gse per il calcolo di tale fabbisogno effettivo, dati forniti dall’interessata solo a seguito della corrispondente richiesta di integrazioni e a mero titolo collaborativo.

Risulta così non giustificabile la condotta del Gestore, che ha nella sostanza disapplicato la lex specialis dell’incentivazione, disattendendone la finalità (siccome desumibile dalla disciplina, anche di rango legislativo, innanzi riportata) di favorire tout court la realizzazione degli interventi oggetto delle schede standardizzate.

Va cioè ribadito che la peculiarità del metodo standardizzato risiede proprio nella valutazione ex ante circa il rispetto dei canoni in questione da parte degli interventi considerati nelle schede tecniche e secondo i parametri ivi puntualizzati; parametri tra i quali assume rilievo centrale il numero delle unità tecniche di riferimento, la cui effettiva sussistenza, necessaria per poter erogare gli incentivi, va comunque accertata dal Gestore (anche ai sensi dell’art. 6, co. 1, d.m. 28.12.2012).

Non solo, ma il Gse nulla ha dedotto sull’eventuale applicazione della medesima metodologia di computo (basata sulla rilevanza dei risparmi effettivi) anche per gli altri interventi contemplati dalle vigenti schede standardizzate (di cui alle delibb. Aeeg nn. 243/02, EEN 17/09, 111/04, 70/05, EEN 15/10, EEN 4/11 e al d.m. 28.12.2012); il che induce a ritenere che il meccanismo di riconoscimento dei TEE sia modificabile solo con l’intervento sulla singola scheda standardizzata (c.d. “aggiornamento” ex artt. 12 d.m. 28.12.2012 e 4.3 Linee guida Aeeg n. 9/11, fino all’eventuale “ritiro”, come avvenuto col d.m. 22.12.2015).

La sentenza n. 1317/2018 del Tar Lazio

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