La recente decisione del Governo di porre fine al meccanismo
della cessione del credito d’imposta per i bonus fiscali, a cominciare da
quelli più utilizzati negli ultimi due anni, ovvero quelli per l’edilizia,
rischia di generare uno shock di notevoli proporzioni tenuto conto del numero
consistente di cantieri che si stanno ancora aprendo e del livello estremamente
elevato di crediti pregressi incagliati.
La bolla rischia di scoppiare per l’intempestività della
decisione del Governo di porre fine ad uno strumento che, nel bene o nel male,
ha sostenuto un meccanismo ancora più ampio, quello dei bonus e dei Superbonus
per l’edilizia, che hanno contributo non poco al rilancio dell’economia nella
fase post Covid.
Le ragioni e le preoccupazioni del Governo vanno certamente
ascoltate e condivise,
ma andrebbero ulteriormente motivate e corroborate con dati più
analitici per consentire a tutti di trovare una ragionevole soluzione al
problema. Ieri è stato ribadito che i bonus hanno generato una giacenza di
crediti fiscali di 110 miliardi di euro legati ad attività edili. Mai il
Governo ha indicato con chiarezza la stima del gettito fiscale derivante almeno
dalle centinaia di migliaia di cantieri che in questi due anni hanno lavorato
con i Super bonus, salvo riportare alcuni dati di difficile interpretazione nei
documenti tecnici di accompagnamento alla Nadef 2022.
I 110 miliardi di euro sono una cifra molto consistente in
termini di disavanzo. E’, però, veramente difficile non pensare che almeno una
parte di questa spesa non sia stata compensata dal gettito fiscale derivante
dalle opere realizzate. Nel 2021 e nel 2022 l’incremento del gettito fiscale è
stato di poco superiore al 10%. Nel periodo pre-Covid l’incremento delle
entrate fiscali si attestava all’1,7%. Qualcosa negli ultimi due anni sarà
successo ed un certo contributo all’incremento delle entrate tributarie sarà
stato dato anche dai consistenti livelli di spesa per la ristrutturazione
profonda degli edifici.
E’ altrettanto difficile non ritenere che i 62,4 miliardi di
euro investiti, tra agosto 2020 e dicembre 2022, per il solo Superecobonus
110%, pur con tutti i limiti e le criticità del caso, non abbiano generato
effetti espansivi sull’economia nazionale sia in termini di incremento della
produzione che in termini occupazionali.
D’altra parte la Guardia di Finanza comunica che da novembre
2021 a oggi sono stati sottoposti a sequestro preventivo più di 3,7 miliardi di
euro di crediti d’imposta presunti come inesistenti. Si tratta di un fatto
gravissimo e da censurare. Eravamo rimasti però alla notizia di novembre 2021
di più di 4 miliardi di possibili operazioni sospette, sui quali il peso dei
Superbonus era estremamente ridotto. E’ importante però disporre di dati certi
e costantemente aggiornati, così come è importante capire quali siano
esattamente i risultati degli accertamenti. Una cosa è il sospetto di truffa,
un altro è l’accertamento. Pur riaffermando che le violazioni di legge e i
reati fiscali devono essere stroncati sul nascere e devono essere prevenuti, un
sistema come quello dei bonus edilizi non può essere smontato sulla base di
sospetti.
Con il porre una cesura netta, come ha fatto ieri il Governo,
tra chi può ancora usufruire della cessione del credito e dello sconto in
fattura e chi non lo potrà fare, non conoscendo ancora da quando esattamente
questa cesura scatta, per non parlare delle prove fotografiche richieste per
rientrare tra le maggiori agevolazioni, si rischia di creare una confusione
incredibile che si innesta in una situazione già molto complessa.
“Sui bonus per l’edilizia – afferma Angelo Domenico
Perrini, presidente del CNI - serve capacità di visione ed un piano
organico e dettagliato anche in previsione degli obblighi che scatteranno con
la Direttiva EPDB sull’efficientamento energetico degli edifici. Il Governo
blocca repentinamente il meccanismo della cessione del credito d’imposta e
dello sconto in fattura perché le giacenze dei crediti in edilizia ha generato
un disavanzo ritenuto incontrollabile. La preoccupazione è condivisibile ma
la strada per non fare scoppiare una bolla non è quella di guardare solo alle
spese dello Stato ma di guardare anche ai ricavi ed agli effetti espansivi
generati dal gettito fiscale e dagli incrementi di produzione. Il CNI stima che
a fronte di una spesa di 68 miliardi di detrazioni per Super ecobonus,
totalizzate tra il 2020 ed il 2022, si sia generata produzione aggiuntiva per
oltre 130 miliardi di euro, con il coinvolgimento di quasi 700.000 unità di
lavoro dirette e dell’indotto del comparto delle costruzioni. Stimiamo che nel
2022 la spesa per il solo Super ecobonus 110% abbia contributo, in termini di
valore aggiunto alla formazione dell’1,4% del Pil.”
“Tutti
abbiamo compreso – prosegue Perrini - che il sistema dei bonus va
radicalmente riformato, ma, per capire come, non possiamo considerare solo
una parte della realtà, ovvero gli effetti di disavanzo senza considerare gli
effetti di crescita innescati dai bonus stessi. E per far questo abbiamo
bisogno anche di dati analitici di cui il Governo e l’Agenzia delle Entrate
certamente possono disporre. Il CNI
fa appello alla ragionevolezza di tutti, Istituzioni e operatori, per trovare
una soluzione che porti gradualmente ad una rimodulazione dei meccanismi
(fiscali e non) che sostengano un piano di ristrutturazione profonda degli
edifici. Ricordiamo che i meccanismi azzerati ora dal Governo, a breve dovranno
comunque essere riattivati per fare fronte agli obblighi che verranno imposti
dalla Direttiva EPDB. Si tratta peraltro di soluzioni che il Governo da solo,
senza confrontarsi con le strutture di rappresentanza di coloro che nei
cantieri hanno lavorato, non è in grado di attivare.”