“La legittimità della cessione di cubatura tra fondi non contigui deve escludersi, oltre che nei casi in cui gli stessi siano lontani, oppure esprimano diversi indici di fabbricabilità quando più elevato sia quello del fondo cedente, ovvero abbiano diversa destinazione urbanistica, anche laddove l'atto negoziale abbia consentito di realizzare una assai maggiore volumetria in un terreno paesaggisticamente vincolato”.
Questo principio è stato affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 43253/2019.
“La cessione di cubatura”, rammenta la suprema Corte, “è un istituto di fonte negoziale, la cui legittimità è stata ripetutamente avallata in sede giurisprudenziale (per tutte si richiama C. St., Sezione V, 28 giugno 2000, n. 3636), in forza del quale è consentita, a prescindere dalla comune titolarità dei due terreni, la "cessione" della cubatura edificabile propria di un fondo in favore di altro fondo, cosicché, invariata la cubatura complessiva risultante, il fondo cessionario sarà caratterizzato da un indice di edificabilità superiore a quello originariamente goduto.
Onde evitare la facile elusione dei vincoli posti alla realizzazione di manufatti edili in funzione della corretta gestione del territorio, il legittimo ricorso a tale meccanismo è tuttavia soggetto a determinate condizioni, una delle quali - rilevante anche nella vicenda esaminata - è costituita dall'essere i terreni in questione, se non precisamente contermini, quanto meno dotati del requisito della reciproca prossimità, perché altrimenti, attraverso l'utilizzazione di tale strumento, astrattamente legittimo, sarebbe possibile realizzare scopi del tutto estranei ed, anzi, contrastanti con le esigenze di corretta pianificazione del territorio”.
La Cassazione precisa inoltre che “pur essendo spesso stata detta ratio decidendi associata all'ulteriore rilievo - ritenuto parimenti ostativo ad una legittima cessione di cubatura - dell'essere i terreni caratterizzati da indici di fabbricabilità fra loro diversi, si è ritenuto che anche in ipotesi di aree entrambe tipizzate come zona agricola ed aventi il medesimo indice di fabbricabilità non può essere esclusa la illegalità dell'operazione effettuata”.
Infatti, va “richiamata l'attenzione sul significativo dato fattuale, più volte correttamente valorizzato dalla giurisprudenza amministrativa, dell'assenza del necessario requisito della "contiguità" dei fondi, intesa nel senso che gli stessi, anche in assenza di continuità fisica tra tutte le particelle catastali interessate dalla nuova costruzione, devono pur sempre essere caratterizzati da una effettiva e significativa vicinanza”.
In allegato la sentenza n. 43253/2019 della Cassazione