La chiusura di porticati esistenti è pratica abbastanza comune e viene spesso considerata banale. Nella pratica però emergono alcune domande ricorrenti: è sempre possibile farlo? Quale documentazione deve essere compilata? L’intervento è incentivabile? Se sì, attraverso quale strumento?
In un articolo – clicca qui – ANFIT (Associazione Nazionale per la Tutela della Finestra Made in Italy) analizza il tema e presenta le risposte a queste domande.
Di cosa si tratta
L’Allegato A al Regolamento Edilizio Nazionale del 2016, alla voce 39, fornisce la seguente definizione di portico o porticato: elemento edilizio coperto al piano terreno degli edifici, intervallato da colonne o pilastri aperto su uno o più lati verso i fronti esterni dell’edificio.
Quindi, a livello giuridico, il portico rappresenta una parte dell’abitazione (pertinenza) necessariamente non completamente chiusa. Spesso questi spazi vengono stabilmente occupati durante la bella stagione e con l’andare del tempo si può valutare di farli chiudere, in modo da acquistare spazio da sfruttare in tutte le stagioni.
Posso chiudere il mio porticato?
Per procedere in questa direzione è necessario richiedere una valutazione di fattibilità da parte di un tecnico (ingegnere, geometra o architetto). Per prima cosa il professionista dovrà valutare la compatibilità con il regolamento comunale e determinare se l’intervento comporta un aumento della volumetria dell’immobile. In seconda battuta, poi, dovrà verificare se l’edificio dispone di volumetria residua per poter procedere con l’intervento. Nel caso in cui non vi fosse disponibilità in tal senso è comunque possibile valutare l’applicazione dei termini del piano casa che consentono un ampliamento massimo pari al 20 % del volume esistente dell’edificio.
Vi sono poi casi particolari, come la chiusura di un portico in ambito condominiale o con lo scopo di realizzare un locale tecnico. Nel primo caso la documentazione dovrà essere corredata da un certificato di consenso preventivo sottoscritto dall’assemblea condominiale. Nel secondo generalmente decadono le limitazioni volumetriche, ma resta comunque necessario verificare la compatibilità dell’intervento con i regolamenti comunali.
Quale documentazione burocratica devo compilare?
La tipologia di documentazione da compilare è strettamente legata alla temporaneità delle opere. Nel caso di strutture a uso temporaneo caratterizzate da elementi removibili è possibile procedere in ambito di edilizia libera e quindi in assenza di titoli edilizi, come stabilito dal Glossario per l’edilizia. Se invece l’intervento comporta lo sviluppo di una struttura permanente, risulta necessario far riferimento a un titolo edilizio.
In questo secondo caso bisogna poi individuare quale sia la soluzione più adatta tra quelle messe a disposizione dalla legge. A riguardo viene in aiuto una recente sentenza del TAR della Lombardia (ordinanza del 01/07/2020, n°1268) che ha stabilito, riprendendo anche altre sentenze precedenti, come la chiusura di un porticato richieda un permesso di costruire e non una semplice SCIA.
C’è possibilità di incentivare l’intervento?
Per prima cosa bisogna chiarire che l’unico strumento di incentivazione che può eventualmente essere applicato nell’ambito della chiusura di un portico è il BonusRistrutturazione-BonusCasa.
La possibilità di accedere a tale incentivo dipende da come si configura l’opera: nel caso comporti un aumento di volume non si potrà ottenere bonus in quanto si ricade nella fattispecie di ampliamento, che non rientra tra quelle incentivabili, mentre nel caso in cui non vi sia aumento di volume (in tal caso lo spazio deve risultare già accatastato come volume esistente) si ha diritto al bonus, trattandosi di ristrutturazione vera e propria.