Sentenze

C.i.l.a. per lavori di manutenzione straordinaria: il TAR sui poteri del Comune

La c.i.l.a. non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento da parte del Comune, il quale però può controllare la conformità dell’immobile oggetto di c.i.l.a. alle prescrizioni vigenti in materia

giovedì 29 novembre 2018 - Redazione Build News

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Con la sentenza n. 2052/2018 depositata oggi, il Tar Calabria ha affermato che la c.i.l.a. relativa a lavori di manutenzione straordinaria, inoltrata dal privato alla Pubblica amministrazione, non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento da parte dell’amministrazione comunale ma, al contempo, a quest’ultima non è precluso il potere di controllare la conformità dell’immobile oggetto di c.i.l.a. alle prescrizioni vigenti in materia.

La sentenza ricorda che la c.i.l.a. è ritenuta atto avente natura privatistica, come tale non suscettibile di autonoma impugnazione innanzi al g.a. (Tar Catania, sez. I, 16 luglio 2018, n. 1497).

Operando un raffronto con la s.c.i.a., il Consiglio di Stato, nel parere reso il 4 agosto 2016, n. 1784, rileva come “l’attività assoggettata a c.i.l.a. non solo è libera, come nei casi di s.c.i.a., ma, a differenza di quest’ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio”, conseguendo a ciò che “ci si trova… di fronte a un confronto tra un potere meramente sanzionatorio (in caso di c.i.l.a.) con un potere repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di autotutela (con la s.c.i.a.)”.

Sotto altro profilo, peraltro, giova osservare come la p.a. in materia edilizia mantenga fermo, sulla scorta del regime giuridico di cui all’art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001, un potere di vigilanza contro gli abusi, implicitamente contemplato dallo stesso art. 6-bis, d.P.R. n. 380 del 2001.

Ne deriva che il diniego della c.i.l.a. è nullo ai sensi dell’art. 21-septies, l. n. 241 del 1990, poiché espressivo di un potere non tipizzato nell’art. 6-bis, d.P.R. n. 380 del 2001, salva e impregiudicata l’attività di vigilanza contro gli abusi e l’esercizio della correlata potestà repressiva dell’Ente territoriale.

In allegato la sentenza

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