Sentenze

Classificazione dei rifiuti con codici a specchio: sentenza della Corte UE

Non occorre verificare l’assenza di qualsiasi sostanza pericolosa, ma vanno ricercate solo quelle che possono esservi contenute con un alto grado di probabilità

lunedì 29 aprile 2019 - Redazione Build News

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“L’analisi chimica di un rifiuto deve, certamente, consentire al suo detentore di acquisire una conoscenza sufficiente della composizione di tale rifiuto al fine di verificare se esso presenti una o più caratteristiche di pericolo di cui all’allegato III della direttiva 2008/98. Tuttavia, nessuna disposizione della normativa dell’Unione in questione può essere interpretata nel senso che l’oggetto di tale analisi consista nel verificare l’assenza, nel rifiuto di cui trattasi, di qualsiasi sostanza pericolosa, cosicché il detentore del rifiuto sarebbe tenuto a rovesciare una presunzione di pericolosità di tale rifiuto”.

Lo ha precisato la Corte di giustizia europea (Decima Sezione) nella sentenza del 28 marzo 2019, cause riunite da C-487/17 a C-489/17.

In tale pronunciamento la Corte Ue ha affermato che “l’allegato III della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, come modificata dal regolamento (UE) n. 1357/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014, nonché l’allegato della decisione 2000/532/CE della Commissione, del 3 maggio 2000, che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi, come modificata dalla decisione 2014/955/UE della Commissione, del 18 dicembre 2014, devono essere interpretati nel senso che il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi, ma la cui composizione non è immediatamente nota, deve, ai fini di tale classificazione, determinare detta composizione e ricercare le sostanze pericolose che possano ragionevolmente trovarvisi onde stabilire se tale rifiuto presenti caratteristiche di pericolo, e a tal fine può utilizzare campionamenti, analisi chimiche e prove previsti dal regolamento (CE) n. 440/2008 della Commissione, del 30 maggio 2008, che istituisce dei metodi di prova ai sensi del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) o qualsiasi altro campionamento, analisi chimica e prova riconosciuti a livello internazionale”.

Il principio di precauzione “deve essere interpretato nel senso che, qualora, dopo una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi si trovi nell’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che detto rifiuto presenta, quest’ultimo deve essere classificato come rifiuto pericoloso”.

In allegato la sentenza

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