Nelle ultime ore un pronunciamento di Anac a proposito dell’applicazione dell’Equo compenso alle gare d’appalto ha creato un certo subbuglio tra ingegneri e architetti. Ci si riferisce al parere n.101/2024 che fa riferimento alla mancata esclusione dalla gara relativa ai lavori dell’ospedale San Giovanni di Dio di Salerno di operatori economici che hanno formulato un ribasso che, oltre alle spese, ha coinvolto anche la quota che attiene al compenso professionale dei progettisti. La conclusione del parere Anac è la seguente:
«L’assenza di chiare indicazioni normative e di orientamenti giurisprudenziali consolidati circa i rapporti tra la normativa sull’equo compenso stabilita dal nuovo Codice Appalti e le procedure di gara dirette all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura – scrive Anac - impedisce che possa operare il meccanismo dell’eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, possa essere disposta l’esclusione di operatori economici che abbiano formulato un ribasso tale da ridurre la quota parte del compenso professionale».
CNI: nessun via libera a gare senza equo compenso
A questo proposito, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri respinge con forza tutte le interpretazioni, anche giornalistiche, volte a considerare il parere di Anac come un via libera alle gare senza l’applicazione dell’Equo compenso. La Legge n.49/2023 è chiara ed altrettanto chiaro è l’orientamento del legislatore, in particolare per quanto riguarda il tema dei ribassi che si possono applicare soltanto alla componente delle spese e non al compenso professionale di chi si occupa della progettazione. Su questo punto non sono ammessi passi indietro. Del resto la stessa Anac ha previsto espressamente l’applicazione dell’Equo compenso nel suo bando-tipo che è inteso come vincolante per le stazioni appaltanti.
Detto questo, il CNI sottolinea come il parere Anac si riferisca ad un caso del tutto particolare, che chiama in causa una lex specialis, quella relativa al caso dell’ospedale di Salerno, che contiene una lacuna in riferimento proprio all’applicazione dell’Equo compenso. Anac si limita a dire che non è possibile, in questo caso specifico, attivare il meccanismo di eterointegrazione del bando di gara. D’altra parte, la Legge n.49/2023 afferma che, a fronte di un ribasso eccessivo, non è nullo il contratto ma solo la clausola del valore. Quanto sostiene Anac, dunque, è corretto. La gara non può essere annullata, ma impugnata a posteriori dall'aggiudicatario in sede civile.
La norma è chiara
Ancora una volta, quindi, siamo di fronte ad un passo del tutto particolare che è errato porre a regola generale. Il CNI ribadisce, ancora una volta, che la norma sull’Equo compenso è chiara come l'acqua. Asserisce con grande semplicità che si applica alle PA e che non sono valide le clausole che introducono ribassi sulla base d'asta e neanche sull'esito della gara. Voler forzare interpretazioni differenti in ragione di astrusi ragionamenti su specificità o prevalenza di norme, che peraltro sono insussistenti, rappresenta esclusivamente una arbitraria ingerenza e distorsione di una precisa e unanime volontà parlamentare.
Il CNI, inoltre, deve constatare come sempre più soggetti si stiano ponendo contro l’applicazione dell’Equo compenso perché, a loro dire, questo avrebbe un impatto insostenibile sul costo delle opere. A questo proposito, può essere utile ribadire alcuni elementi. In Italia negli ultimi anni siamo arrivati al paradosso per cui, mentre venivano abolite le tariffe professionali ed un tribunale stabiliva che pianificazioni urbanistiche complesse potessero anche essere remunerate 1 euro, diversi professionisti subivano contestazioni dall’Agenzia delle Entrate per corrispettivi sulle varie prestazioni ritenuti non congrui. L'Italia rischia di perdere un intero settore, quello dell'ingegneria civile, perché nessuno è più disponibile ad assumersi responsabilità (civili, penali, amministrative, talvolta erariali) a fronte di compensi sempre più esigui e complessità progettuali crescenti. Oggi i progetti hanno mille complessità in più per le tante norme sul BIM, i CAM, le regole europee, i vincoli ambientali, i cambiamenti climatici, le problematiche strutturali e di sicurezza. Al tempo stesso i compensi decrescono per via di ribassi che sono giunti anche al 70 o 80% della tariffa. La norma sull’Equo compenso tenta di riportare equilibrio tra professionisti e committenti forti, che normalmente dettavano la linea in maniera unilaterale. Parlando di cifre, poi, è bene osservare che le spese tecniche valgono mediamente il 10-15% del valore dell'opera. Applicare ad esse un ribasso anche del 40% significa risparmiare solo il 4-5% del valore dell'opera. Tutto questo a fronte di un progetto meno approfondito o compilato da tecnici meno qualificati. Continuare a spremere i progettisti contribuisce a mettere in campo progetti meno validi, che garantiscono anche meno la sicurezza dei cantieri e la qualità di opere che durante la loro vita utile assorbono per la gestione fino a dieci volte il costo della costruzione. Senza contare che, alla lunga, si arriverà ad un generale impoverimento della categoria di tecnici, che non vede più iscritti nei percorsi universitari di riferimento e che già ora non riesce a far fronte, sul piano numerico, alle esigenze del mercato.
Infine, il CNI prende atto della richiesta, avanzata in sede di audizione alla Camera da parte del Presidente di Anac Giuseppe Busia, di chiarire i rapporti tra le Legge sull’Equo compenso e le norme sui contratti pubblici. Il Consiglio Nazionale giudica positivamente ogni ulteriore approfondimento che possa fugare ogni residuo dubbio e definisca il modus operandi anche in casi del tutto particolari come quello in oggetto. A questo proposito il Consiglio Nazionale nelle prossime ore avrà un confronto proprio col Presidente Busia, al fine di lavorare assieme per superare gli ultimi dubbi sulla materia.