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Codice antimafia e nodi applicativi: le osservazioni della Conferenza delle Regioni

La fase attuativa delle disposizioni ha fatto emergere alcune criticità legate soprattutto all’individuazione della soglia dimensionale, in particolar modo in alcuni settori come l’agricoltura, la formazione professionale e le attività produttive

lunedì 19 novembre 2018 - Redazione Build News

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Le Regioni e le Province autonome condividono pienamente le finalità di contrasto alla criminalità organizzata contenute nel Codice antimafia, a partire dalla necessità di rendere cogenti i controlli. La fase attuativa delle disposizioni ha fatto però emergere alcune criticità legate soprattutto all’individuazione della soglia dimensionale, in particolar modo in alcuni settori come l’agricoltura, la formazione professionale e le attività produttive. Settori nei quali l’attuazione delle disposizioni normative, anche in relazione alle circolari interpretative, ha prodotto forti ritardi e, in alcuni casi, la mancata concessione di benefici.

Per questi motivi la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato l'8 novembre il documento che analizza le principali questioni inerenti all’applicazione del Codice antimafia di cui alla D.Lgs. n. 159 del 2011.

Un testo che il Presidente Stefano Bonaccini ha tramesso al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, al Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, al Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle Politiche sociali, Luigi Di Maio, al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e del Turismo, Gian Marco Centinaio e al Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, confermando la disponibilità delle Regioni ad uno specifico incontro in materia.

Si riporta di seguito il testo, già pubblicato sul portale www.regioni.it (Sezione "Conferenze").

PROBLEMATICHE APPLICATIVE DEL CODICE ANTIMAFIA (D.LGS 159 DEL 2011)

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome condivide pienamente le finalità di contrasto alla criminalità organizzata del Codice antimafia, ivi inclusa ogni evoluzione normativa finalizzata a rendere sempre più capillari i controlli e più efficiente la banca dati nazionale.

In quest’ottica, l’abbassamento o persino l’eliminazione - della soglia dimensionale di esenzione possono essere configurati come misure condivisibili, di cui Regioni e Province approverebbero le finalità. Allo stesso tempo deve, però, essere necessariamente osservato che l’abbassamento - o addirittura l’eliminazione – della soglia di esenzione costituirebbero modifiche normative di grande impatto operativo e complessa attuazione, paragonabili a quella relativa alle procedure di richiesta e rilascio in forma telematica unificata del documento unico di regolarità contributiva (DURC).

L’introduzione di tali misure richiederebbe, pertanto, modalità esplicite ed inequivoche, possibilmente basate su un’analisi di impatto e associate a tempi certi e programmabili, al fine di consentire un’attuazione sicura e uniforme da parte delle numerosissime Amministrazioni interessate e, in ultima analisi, l’effettivo perseguimento degli obiettivi di contrasto alla criminalità organizzata che una riforma di questo genere si prefiggerebbe.

Sulla base di tali premesse, con riferimento alle modifiche apportate al Decreto legislativo n. 159 del 2011, Codice antimafia, da ultimo con Leggi n. 161 e n. 205 del 2017, la Conferenza rileva che, in fase di attuazione, sono emerse una serie di criticità di tipo procedurale - trasversali a più settori, in particolare all’agricoltura, alla formazione professionale e alle attività produttive –, contrarie ai principi di semplificazione e di buon andamento dell’amministrazione, che comportano ritardi nei tempi di concessione dei benefici anche con riferimento alla normativa comunitaria in materia di fondi strutturali.

Tali criticità hanno reso, quindi, necessaria l’apertura di un Tavolo di confronto con il Ministero dell’Interno che si è riunito in due occasioni, nei mesi di luglio e settembre 2018. Ad esito del confronto, tuttavia permangono differenti posizioni interpretative fra le Regioni ed il Ministero, in particolare rispetto alla modifica dell’art. 83, comma 3, lettera e) che prevede l’acquisizione della documentazione antimafia per tutte le erogazioni sotto i 150.000 euro.

Ulteriori forti problematiche attuative si riferiscono alle fasi in cui debba essere richiesta la certificazione nonché all’operatività della banca dati nazionale di cui al Capo V del Codice.

Si rende, pertanto, necessario chiedere un intervento normativo di modifica dell’art. 83 comma 3 lettera e), nei termini sotto declinati e una certezza interpretativa rispetto alle altre questioni di seguito riportate.

Problematiche emerse nell’interpretazione della normativa

1. Interpretazione dell’art. 83

L’art. 83, comma 1, del D.lgs. n. 159/2011 sancisce la regola generale di obbligatorietà d’acquisizione della documentazione antimafia di cui all’art. 84 prima di “… stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati dall’art. 67”.

L’art. 67 enumera a sua volta diversi tipi di atti il cui ottenimento è subordinato all’assenza di misure di prevenzione applicate ai richiedenti e vi include alla lettera g) “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”.

L’art. 83, comma 1, infine elenca alcune specifiche situazioni in cui la documentazione antimafia di cui sopra non è invece richiesta, ricomprendendovi segnatamente alla lettera e) i “ …provvedimenti, gli atti ed i contratti il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro”.

La lettura combinata delle norme citate consente di affermare che, per l'adozione di provvedimenti di valore non superiore a 150.000 euro, incluse le erogazioni di contributi o somme ad altro titolo da parte della pubblica amministrazione, non sia richiesta l’acquisizione della documentazione antimafia; obbligatoria invece al superamento di detto limite di valore.

Infatti, con la modifica dell’articolo 83, comma 3 lettera e) da parte della legge 27 dicembre 2017 n. 205 è sopravvenuta una modifica normativa che secondo una corretta interpretazione non investe la portata stessa dell’obbligo di richiesta della documentazione antimafia.

La suddetta norma, nel testo vigente, contiene, tra le eccezioni all’obbligo di richiedere tale documentazione, la seguente: “e per i provvedimenti, gli atti ed i contratti il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro”. In tale disposizione sono state espunte dalla citata Legge 205, le parole “le erogazioni”, che comparivano dopo il termine “gli atti”. Poiché le erogazioni – intese in senso contabile - rientrano indubbiamente nel novero degli “atti” un’interpretazione di tipo letterale, conforme all’articolo 12 delle preleggi, comporta che la portata della norma non sia mutata.

2. Fase in cui richiedere la documentazione antimafia

In termini di efficacia dell’azione amministrativa, vanno evitate duplicazioni di procedura, per cui – a prescindere dalla soglia di valore economico – la documentazione antimafia deve essere richiesta una sola volta e, quindi, non per entrambe le fasi della concessione e dell’erogazione, fatte salve le ipotesi di modificazione dell’assetto societario o gestionale dell’impresa. Nel caso dell’agricoltura è consolidato l’orientamento per cui il controllo viene effettuato a seguito della presentazione della domanda di pagamento, ciò in quanto il soggetto concedente è diverso da quello che provvede al pagamento (AGEA o organismi pagatori). Negli altri settori, la verifica può essere effettuata a seconda delle procedure previste in connessione con la fase di concessione o con quella dell’erogazione.

3. Banca dati nazionale

Il permanere delle difficoltà di accesso e di operatività della banca dati non ne consentono ancora oggi la piena fruibilità, ovvero l’invio massivo delle richieste e l’interoperabilità con il sistema camerale. Si chiede, pertanto, di prevedere un periodo transitorio di opportuna esenzione che consenta un adeguamento progressivo.

Infine, l’ulteriore questione che si ritiene opportuno sottoporre, si riferisce al concetto di attività imprenditoriale, previsto dall’articolo 67 comma 1 lettera g). Fatta salva l’applicazione dei parametri sottesi all’art 2082 c.c., occorre verificare la possibilità, per le attività di interesse generale svolte dagli enti del Terzo Settore, di individuare un insieme di attività escluse, non potendo queste configurarsi come attività di impresa (ciò dovrebbe consentire di esentare varie associazioni operanti in ambito sociale, culturale e sportivo).

Atteso quanto sopra, anche al fine di garantire gli obiettivi che la norma si pone e di facilitarne l’attuazione, si avanzano le seguenti richieste emendative:

a) rendere esplicita l’interpretazione dell’articolo 83, comma 3, lettera e) reinserendo il termine “erogazione” così come sopra rappresentata;

b) inserire una disciplina transitoria uniforme per le diverse categorie economiche che accompagni l’efficientamento della banca dati nazionale;

c) prevedere l’esenzione per alcune categorie di attività di carattere sociale, culturale, sportivo, fermo restando quanto stabilito all’art. 2082 c.c.;

d) con riferimento al settore agricolo, modificare l’articolo 83, comma 3 bis, sostituendo la soglia dei 5.000,00 euro con un importo pari a 50.000,00 euro;

e) eliminare all’art. 86 “Validità della documentazione antimafia”, al comma 2 bis, le parole “Fino all'attivazione della banca dati nazionale unica”. Si propone, in tal modo, l’eliminazione del limite di utilizzabilità ed efficacia della documentazione antimafia acquisita per un determinato soggetto e procedimento, anche per procedimenti diversi inerenti il medesimo soggetto.

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