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Codice Appalti, Anci: inserire progettazione esecutiva semplificata per le manutenzioni ordinarie

In audizione parlamentare l'Associazione dei comuni ha consegnato un documento dettagliato con richieste e proposte

venerdì 23 settembre 2016 - Redazione Build News

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“La difficoltà maggiore dei Comuni – in questa prima fase di avvio del nuovo Codice – è legata alla mancanza di una puntuale definizione su aspetti innovativi fondamentali e decisivi (quali la qualificazione delle stazioni appaltanti e l’individuazione dei livelli di progettazione), che rischiano di rallentare quel condiviso obiettivo di semplificazione e accelerazione dei processi relativi agli appalti pubblici”.

Lo ha evidenziato l’Assessore Rabaiotti, in rappresentanza dell’Anci nazionale, ascoltato il 20 settembre in audizione presso le Commissioni riunite Ambiente della Camera dei Deputati e Lavori Pubblici del Senato della Repubblica.

Nel corso dell’audizione parlamentare, dove l’Anci ha consegnato un documento dettagliato con richieste e proposte – IN ALLEGATO -, l’assessore Rabaiotti ha affermato l’importanza di un’attività costante di monitoraggio e accompagnamento più volte richiesta dall’Associazione, per garantire l’attuazione efficace di una riforma che deve mettere al centro del processo innovativo il ruolo dei Comuni e delle Città metropolitane, protagonisti “primi” nell’acquisto di lavori e servizi pubblici sul territorio, e quindi principali attori della ripresa degli investimenti nel Paese.

“In tal senso, un ruolo importante – ha affermato l’assessore – potrà essere svolto dalla Cabina di Regia appena costituita e a cui l’Associazione vuol dare la massima collaborazione istituzionale”.

Rabaiotti, infine, nel declinare le principali criticità riscontrate in questa fase di partenza quali, ad esempio, l’obbligo del progetto esecutivo anche per le manutenzioni ordinarie ovvero le incertezze interpretative legate ai requisiti professionali richiesti per il RUP, e rinviando al documento predisposto da Anci in merito, aperto anche a proposte di soluzioni, ha ribadito come “i Comuni e l’Anci non hanno mai assunto posizioni strumentali sul tema, in quanto sono proprio gli amministratori che – in caso di ritardi nell’apertura di una scuola o nella manutenzione di una strada – devono risponderne di fronte alla comunità locale”.

A conclusione dell’audizione, l’Assessore ha quindi chiesto “un’accelerazione dell’operazione di completamento della riforma, che attende la predisposizione ed emanazione di decreti e linee guida su aspetti di fondamentali importanza”.

Di seguito i punti di maggiori criticità segnalati dai Comuni e che possono essere risolti normativamente anche prima del varo del correttivo.

APPALTI DI LAVORI PUBBLICI

1. Progetto esecutivo per manutenzioni ordinarie

La criticità nasce dal fatto che l’art. 105 del Regolamento di attuazione del precedente Codice (DPR n. 207/2010) consentiva, per i lavori di manutenzione, di prescindere dalla redazione del progetto esecutivo permettendo di bandire la gara per l’affidamento con il livello di progettazione definitiva.

Unica eccezione erano i lavori di manutenzione che prevedevano il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere dove, in questo caso, era obbligatoria la redazione del progetto esecutivo.

Con l’entrata in vigore del nuovo Codice, l’articolo 105 è stato abrogato e non sopravvive neanche in regime transitorio.

Inoltre, è previsto espressamente che per gli appalti di lavori venga posto a base di gara il progetto esecutivo e come sappiamo è vietato l’appalto integrato.

Poiché la stragrande maggioranza degli appalti di lavori banditi dalle stazioni appaltanti riguarda la manutenzione del loro patrimonio, l’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti ha praticamente paralizzato la pubblicazione di appalti di lavori. Le stazioni appaltanti, infatti, prima di procedere alla pubblicazione del bando hanno dovuto procedere alla redazione del progetto esecutivo che, essendo un livello di dettaglio, necessita di tempi di redazione più lunghi dei precedenti livelli.

Inoltre, i piccoli e medi comuni si sono trovati, in alcuni casi, nell’impossibilità di progettare internamente per l’assenza di figure tecniche con competenze adeguate.

In questo ultimo caso, peraltro, si rendeva necessario procedere prima all’individuazione di un progettista esterno tramite procedura ai sensi degli artt. 36 o 157, a seconda del valore, e tenendo presente che il Codice prevede obbligatoriamente il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per gli appalti di servizi di ingegneria per importi superiori a 40.000 euro, e solo dopo alla redazione del progetto.

In alcuni casi poi, in presenza essenzialmente di manutenzione ordinaria cd “a chiamata” e cioè al verificarsi dell’evento che causa l’obbligo di intervenire, risulta difficile immaginare un progetto esecutivo. Si pensi alla manutenzione ordinaria degli edifici scolastici dove il progettista non sarà mai in grado di prevedere esattamente dove sarà necessario provvedere alla sostituzione di un vetro o dove si intaseranno i pluviali o dove ci sarà la perdita d’acqua e conseguentemente che tipo di vetro dovrà essere cambiato o che tipo di intervento dovrà essere realizzato per eliminare la perdita.

Nel caso poi di manutenzione ordinaria delle strade, che di fatto si sostanzia nel richiudere le buche formatesi sul manto stradale, pensare ad una progettazione esecutiva, nel termine squisitamente tecnico del suo significato, è praticamente impossibile. Per questi motivi le stazioni appaltanti stanno facendo opportune valutazioni sull’opportunità di modificare questi appalti in Accordi Quadro.

Anche questa soluzione però non è di facile applicazione considerato che i singoli ordini, la sostituzione del vetro, la copertura di una buca, costituiscono autonomi contratti operativi che derivano dall’accordo quadro originario per i quali è necessario prendere singoli CIG, gestire autonomamente la contabilità, i pagamenti ed i collaudi.

Una soluzione al problema potrebbe essere quella di inserire – nell’emanando decreto di cui all’articolo 23, comma 3, del Codice sui contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali – un livello di progettazione esecutiva “semplificata” per le manutenzioni ordinarie del patrimonio dell’ente locale.

2. Livelli di progettazione

La criticità finora riscontrata è nell’attesa del succitato ed emanando decreto relativo alla definizione dei contenuti della progettazione dei tre livelli progettuali che sta inducendo le stazioni appaltanti ad attendere prima di iniziare la lunga attività di progettazione del progetto esecutivo. La preoccupazione, infatti, è quella di evitare di dover ripetere, nel breve periodo, la progettazione o di aver dato, tramite gara, un incarico di progettazione che non risponde più alla futura normativa.

Su questo occorre un’accelerazione da parte del Governo e l’accoglimento di quanto proposto al punto precedente sul livello di progettazione previsto per le manutenzioni ordinarie.

3. Collaudi

La criticità emersa sui collaudi attiene alla formulazione dell’art. 102, comma 8, del nuovo Codice, per cui non è possibile prevedere, per gli appalti di minor importo, il Certificato di Regolare Esecuzione considerata l’assenza di tale decreto.

Infatti, è vero che l’art. 102 rimanda ad un regime transitorio ma le norme rimaste in vigore del DPR n. 207/2010 non disciplinano i casi in cui il Certificato di Collaudo può essere sostituito dal certificato di Regolare Esecuzione. Tale disciplina era, infatti, prevista dall’art. 141 del D. Lgs. n. 163/2016 ora abrogato, pertanto per poter procedere con il CRE, in sostituzione del Certificato di Collaudo, bisognerà attendere il precitato decreto che indicherà i casi. Tale interpretazione trova conferma nelle linee guida ANAC sul DEC.

APPALTI DI FORNITURE E SERVIZI

Per questa tipologia di appalti la situazione è meno critica. La maggior parte delle stazioni appaltanti sono, infatti, in grado, con qualche difficoltà, di redigere i capitolati di gara.

Le criticità si sostanziano nell’obbligo di redazione di un progetto, così come richiesto dall’art. 23, commi 14 e 15, del Codice degli appalti, e nell’incertezza relativa alle linee guida ANAC di cui si è già detto e si ribadisce la necessità di un’accelerazione nei tempi di emanazione. Il rischio – come per i lavori - è quello di prevedere nel capitolato di gara disposizioni che al momento dell’aggiudicazione o dell’esecuzione possano risultare in contrasto con le definitive linee guida ANAC.

La vera criticità per questi appalti è rappresentata invece dall’obbligatoria programmazione biennale degli acquisti.

Si coglie l’occasione per chiarire definitivamente la non applicabilità ai servizi sociali e specifici di cui all’allegato IX del Codice, delle disposizioni sull’obbligo di centralizzazione previsto per i Comuni non capoluogo, come peraltro nella vigenza del decreto legislativo n. 163/2006 aveva già chiarito l’ANAC con le proprie determinazioni n. 3 e 15/2015 nonché di qualificazione delle stazioni appaltanti. Ciò – a nostro avviso - è desumibile per la peculiarità dell’oggetto di tali appalti e per un’interpretazione del dato letterale di cui all’articolo 140 che testualmente recita: “Gli appalti dei servizi sociali e speciali di cui all’allegato IX sono aggiudicati in applicazione dell’articolo 142, 143, 144, salvo quanto disposto dal presente articolo”.

CENTRALI UNICHE DI COMMITTENZA

Con il nuovo Codice degli appalti, il tema della centralizzazione degli acquisti viene messo in relazione alla qualificazione delle stazioni appaltanti con l’obiettivo di superare un approccio formale - procedurale per privilegiare, al contrario, aspetti più di carattere sostanziale basati su modelli organizzativi (aggregazioni mediante centrali di committenza) adeguati non solo a svolgere procedure di gara ma anche a programmare, progettare ed eseguire.

E’ questa una sfida importante, perché in un sistema di rete di centrali di committenza, un ruolo importante può essere svolto proprio dalle aggregazioni tra amministrazioni comunali con riferimento sia alle procedure gestite da altre centrali di committenza (Soggetti Aggregatori) sia con riferimento alle procedure relative alle categorie merceologiche che rimangono in capo alle singole stazioni appaltanti, che possono essere acquisite, in un’ottica sovracomunale, dalle aggregazioni qualificate tra Comuni. Ciò consentirebbe di “affiancare” i Soggetti Aggregatori nel perseguire gli obiettivi di razionalizzazione della spesa pubblica e garantendo il mantenimento di un mercato “locale” degli operatori economici.

Dunque, l’implementazione dei modelli di aggregazione “qualificati” dei Comuni, deve essere un obiettivo condiviso con il Governo attraverso la messa in campo di forme di analisi, supporto e monitoraggio della nuova governance che sappiano rispondere agli obiettivi che l’Unione europea ci impone in materia di appalti e che deve trovare in ANCI e nella rete delle centrali di committenza comunali i necessari interlocutori e protagonisti.

A tal fine, l’inserimento dei Soggetti Aggregatori di cui all’articolo 9, comma 2, del dl n. 66/2014 e quindi delle Città Metropolitane tra i soggetti qualificati di diritto ex articolo 38, comma 1, rappresenterebbe un primo passaggio significativo.

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