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Codice Appalti e clausola del bando che viola l'art. 100 sui requisiti speciali: chiarimenti da Anac

La clausola di un bando che prevede la necessità di dimostrare per la partecipazione alla gara il possesso di un patrimonio netto di gran lunga superiore al doppio dell’importo del contratto è illegittima, perché viola l’art. 100 comma 11 e 12 del Codice dei contratti (D.lgs. 36/2023)

venerdì 6 settembre 2024 - Alessandro Giraudi

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L’articolo 100 del D.lgs.36/2023 – nuovo Codice dei contratti pubblici – indica i requisiti speciali che la stazione appaltante può richiedere all’operatore economico in relazione all’oggetto dell’appalto. In particolare, il comma 11 tratteggia una disciplina transitoria in sostanziale continuità con quanto previsto dal D.lgs.50/2016 e prevede che, nelle more dell'adozione del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'ANAC, per la qualificazione dell’operatore economico nelle procedure di appalto di servizi e forniture, le stazioni appaltanti possono richiedere, come requisito di capacità tecnica professionale, di aver eseguito, nel precedente triennio dalla data di indizione della procedura, contratti analoghi a quello in affidamento, anche a favore di soggetti privati; mentre, come requisito della capacità economica finanziaria, può essere richiesto un fatturato globale non superiore al doppio del valore dell’appalto, maturato nel triennio precedente a quello di indizione della procedura.

Il comma 12 dello stesso articolo dispone che la stazione appaltante non può prevedere ulteriori requisiti di partecipazione, salvo la richiesta di specifici impegni sociali volti a garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato, l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore nonché le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa, le cui modalità di adempimento l’operatore economico deve indicare nell’offerta.

Ciò premesso, con la delibera n.395 del 30 luglio 2024 (un parere di precontenzioso riguardante la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara per l’affidamento del servizio di tesoreria comunale di un comune campano della città metropolitana di Napoli), l'Anac ha stabilito che “la clausola del bando che prevede la necessità di dimostrare per la partecipazione alla gara il possesso di un patrimonio netto di gran lunga superiore al doppio dell’importo del contratto è illegittima perché viola l’art. 100 comma 11 e 12” del Codice Appalti.

Il caso in esame

L’istruttoria di Anac è partita dopo la richiesta di una società in cui veniva chiesto di verificare la legittimità del bando di gara del comune vesuviano nella parte in cui prevede quale requisito di capacità economico finanziaria a pena di esclusione il possesso di un patrimonio netto pari a venti milioni di euro.

Il Comune campano aveva indetto una procedura negoziata per l’affidamento del servizio di tesoreria comunale da svolgersi da luglio 2024 a dicembre 2027 di importo pari a 116.200 euro, da aggiudicarsi secondo il criterio del minor prezzo tramite piattaforma digitale.

Il disciplinare di gara richiedeva tra i requisiti speciali di capacità economico finanziaria, il possesso di un patrimonio netto annuo iscritto in bilancio negli ultimi tre esercizi disponibili non inferiore a venti milioni.

La società istante ha contestato la previsione del bando in considerazione dell’entità del corrispettivo globale del contratto in affidamento che su base mensile risulta pari a 2.766 euro, nonché in relazione al valore annuale pari a 33.199 euro, sostenendone l’illegittimità per contrarietà al principio di tassatività dei requisiti di partecipazione nonché la sproporzione rispetto all’oggetto dell’appalto.

La società chiedeva, pertanto, la revisione della lex specialis di gara che impediva la sua partecipazione a causa della clausola contestata, riferendo di aver tentato di interpretare il requisito come riferito a tutto il triennio invece che a un'unica annualità e di aver chiesto chiarimenti in merito alla stazione appaltante da cui ha ottenuto risposta negativa, giacché il Comune ha ribadito la volontà di riferire il requisito a una sola annualità.

Anac: clausola illegittima

Per Anac “la tipologia del contratto in oggetto non giustifica eccezioni ai principi generali previsti dalla normativa vigente e la necessità di procurarsi maggiori garanzie non sembra legittimare l’imposizione di un onere di tale peso, in quanto la discrezionalità esercitata dall’amministrazione nel caso di specie è proporzionale al fine specifico di perseguire il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso alla gara”.

Pertanto, l'Autorità nazionale anticorruzione ritiene che “la clausola di cui all’art. 9 lett. b) del disciplinare nella gara in oggetto sia da ritenersi illegittima in quanto contraria alle previsioni di cui all’art. 100, commi 11 e 12. La stazione appaltante è tenuta, pertanto, alla riedizione della procedura emendandola del requisito censurato”.

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