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Codice Appalti, dagli architetti 5 proposte per superare le criticità

La Mendola (Cnappc): rendere obbligatorio il ricorso al decreto parametri e rilanciare i concorsi di idee e di progettazione

lunedì 24 ottobre 2016 - Redazione Build News

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“Come ho avuto modo di sottolineare più volte, con la legge delega (la 11/2016) il Parlamento aveva fatto un ottimo lavoro, condiviso da tutti gli addetti ai lavori, individuando i principi fondamentali a cui il codice si sarebbe dovuto ispirare, al fine di aprire il mercato e rilanciare il progetto al centro del processo di esecuzione dei lavori pubblici. Tuttavia, il Consiglio dei Ministri, incalzato dalla scadenza comunitaria del 18 aprile, nei tre mesi avuti a disposizione, non è riuscito a tradurre concretamente gran parte dei principi della legge delega in un articolato organico. Ne è venuto fuori un codice con luci ed ombre, su cui è necessario intervenire con un decreto correttivo, che superi una serie di criticità.”

Lo ha evidenziato il vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Rino La Mendola, intervistato da LavoriPubblici.it.

Secondo il rappresentante del Cnappc sono questi gli obiettivi da conseguire per superare le criticità del nuovo Codice Appalti:

1. Ripristinare regole certe per il calcolo dell’importo da porre a base di gara negli affidamenti di Servizi attinenti all’Architettura ed all’Ingegneria, rendendo obbligatorio il ricorso al c.d. “Decreto Parametri”;

2. Rilanciare i concorsi di idee e di progettazione, superando le criticità dell’attuale testo del codice e prevedendo che i livelli successivi della progettazione vengano affidati al vincitore del concorso;

3. Eliminare ogni limite temporale nella valutazione delle esperienze curriculari, valorizzando anche le esperienze formative specifiche nel settore dell’affidamento. Ciò, al fine di aprire il mercato alle strutture professionali medio-piccole e comunque agli operatori economici che, a causa della grave crisi che ha interessato il settore dei lavori pubblici, negli ultimi anni non hanno potuto arricchire il loro curriculum;

4. Proseguire lungo il percorso già tracciato dalla legge delega e dal decreto legislativo 50, per definire in modo ancora più chiaro il ruolo dei pubblici dipendenti e dei liberi professionisti, nel processo di esecuzione delle opere pubbliche, attribuendo prioritariamente al pubblico dipendente le funzioni di controllo e di verifica dell’intero processo di esecuzione delle opere pubbliche, riconoscendogli pienamente gli incentivi economici, ed al libero professionista la progettazione e la direzione dei lavori. L’obiettivo è quello di superare ogni competizione tra le due figure, valorizzandole entrambe, in un contesto di proficua sinergia;

5. Limitare il ricorso all’accordo quadro, escludendo dalle procedure di cui all’art.54 almeno i servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria, con l’obiettivo di allineare maggiormente la normativa italiana alla direttiva comunitaria 2014/24/UE, che, al considerato 78, raccomanda alle amministrazioni aggiudicatrici di non accorpare, ma, al contrario, di dividere in lotti i grossi appalti, al fine di favorire l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese.

“Sappiamo bene – ha concluso La Mendola - che il raggiungimento degli obiettivi sopra descritti non è facile; sappiamo bene che si configura sempre più un quadro normativo frammentario, con una norma di rango primario (il codice) e ben 23 provvedimenti attuativi, ma rimaniamo comunque fiduciosi in quanto l’ANAC e le commissioni parlamentari, sono già sintonizzate sulle tematiche a noi care. Proveremo a coinvolgere anche il Consiglio dei Ministri”.

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