Con l'ordinanza n. 2639/2018 pubblicata il 3 maggio, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia Ue la questione se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, quale l’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio.
Palazzo Spada ha chiarito che tra l’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50 – nuovo Codice dei contratti - e la norma euro - unitaria non vi è omogeneità.
L’art. 57, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE stabilisce che le amministrazioni appaltanti possono escludere gli operatori economici “se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità”. Tale disposizione deve essere letta contestualmente all’indicazione contenuta nel Considerando 101 della Direttiva: “È opportuno chiarire che una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l'integrità di un operatore economico e dunque rendere quest'ultimo inidoneo ad ottenere l'aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l'esecuzione dell'appalto. Tenendo presente che l'amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l'operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali, salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale.”.
Dalla lettura della disposizione risulta chiaro che il legislatore europeo ha ritenuto di consentire l’esclusione dell’operatore economico se la stazione appaltante è in condizione di dimostrare la sussistenza di un grave illecito professionale “anche prima che sia adottata una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori”.
In questo senso, del resto, ben si comprende il richiamo alla responsabilità dell’amministrazione per una sua eventuale decisione erronea.
Il legislatore interno, al contrario, ha stabilito che l’errore professionale, passibile di risoluzione anticipata (per definizione “grave” ex art. 1455 c.c. nonché ex art. 108, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) non comporta l’esclusione dell’operatore in caso di contestazione in giudizio. La conseguenza è la necessaria subordinazione dell’azione amministrativa agli esiti del giudizio; ciò è astrattamente possibile, essendo comprensibile che la scelta dell’amministrazione sia vincolata agli esiti di un giudizio, ma è incompatibile con i tempi dell’azione amministrativa.
Ciò in quanto, risolto il contratto per grave inadempimento dell’operatore economico, l’amministrazione dovrà indire una nuova procedura di gara per concludere un nuovo contratto; all’operatore economico inadempiente sarà sufficiente contestare in giudizio la risoluzione per ottenere l’ingresso nella nuova procedura, dovendo l’amministrazione attendere l’esito del giudizio per poter procedere legittimamente alla sua esclusione.