«Il Testo elaborato dal Consiglio di Stato e già trasmesso al Governo ci lascia basiti» – ha esordito Franco Fietta, Presidente di Fondazione Inarcassa commentando il nuovo Codice dei contratti pubblici approvato in via preliminare venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri – «Avremmo auspicato una maggiore concertazione e attenzione alle istanze di quei liberi professionisti che devono progettare, dirigere e collaudare le opere pubbliche».
Ha poi continuato: «Abbiamo denunciato ripetutamente che il maggior problema del Paese è il tempo necessario alla macchina pubblica per valutare, approvare, pubblicare e deliberare. È già stato dimostrato che il 54,3% del tempo necessario per completare un’opera è occupato da procedimenti burocratici ed autorizzativi. Malgrado queste evidenze, il nuovo Codice continua ad intervenire ostinatamente sulla progettazione tecnica abortendone, addirittura, un intero livello. Si è sempre sostenuta la centralità del progetto, ora invece lo si limita quasi fosse un problema. Abbiamo assistito all’approvazione di numerosi decreti che hanno inciso profondamente sulla fase progettuale e siamo già in ritardo nell’attuazione del PNRR. Eppure, si insiste a ridurre i livelli progettuali, anche attraverso un ampliamento indiscriminato dell’istituto dell’appalto integrato. Il risultato, ampiamente prevedibile, sarà un peggioramento della qualità progettuale, un arretramento sui temi della sicurezza e del rispetto dei vincoli; un incremento del contenzioso e delle varianti.
La ricetta era semplice: sarebbe stato sufficiente valorizzare l’azione del RUP – e della P.A. in genere – secondo il principio del risultato, premiando il conseguimento di obiettivi ed il rispetto della programmazione. Invece sono state operate altre scelte, conferendo un ampio e indefinito potere discrezionale alla P.A., che la Legge Delega non prevedeva, ma che rischia di riportare indietro il Paese.
Ha poi concluso: «La fusione dei livelli di progettazione è un’idea molto pasticciata, di difficile attuazione in tempi congrui, che non trova sponda in tutte le altre norme correlate. Temiamo anche che si dimostri lesiva del principio dell'equo compenso, nel caso valuteremo le azioni più opportune.
Parimenti, l’appalto integrato nega al progettista la posizione di consulente della pubblica amministrazione, portandolo sul lato dell’impresa, così non si garantisce la qualità del progetto e la rispondenza dello stesso a criteri esclusivi di interesse pubblico. E’ un istituto valido per casi eccezionali, come il ponte di Genova, ma non è certamente la soluzione per tutte le occasioni. Nella maggioranza degli appalti, la definizione della spesa e della qualità dell’opera non possono essere svendute all’appaltatore.
Mi auguro che il Presidente Meloni ed i suoi Ministri intervengano per evitare i danni che un Codice degli Appalti costruito male possa causare al Paese, non solo in termini economici».
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