L’Autorità garante della concorrenza e del mercato – facendo seguito al precedente parere AS1426 del 25 luglio 2017 (in Boll. n. 34/2017) – intende formulare alcune osservazioni sulle Linee Guida n. 6 dell’Autorità nazionale anticorruzione di attuazione del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possono considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”), come aggiornate a seguito delle modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal D.lgs. n. 56/2017 (c.d. correttivo), nell’ottica di contribuire a creare un contesto di maggiore certezza giuridica per le imprese che partecipano agli appalti pubblici.
L’articolo 80, comma 5, lett c), del D.lgs. n. 50/2016 contempla – come è noto – tra le cause di esclusione la commissione da parte dell’operatore economico di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
Tale norma ha ampliato, rispetto alla previgente disciplina contenuta nell’art. 38 D.lgs. n. 163/2006, il novero delle fattispecie riconducibili nell’ambito dell’illecito professionale estendendolo anche alle condotte che intervengono in fase di gara.
Sul presupposto della natura meramente esemplificativa delle ipotesi suscettibili di integrare un grave illecito professionale, elencate nel citato comma, le Linee guida individuano tra le situazioni idonee a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico “i provvedimenti esecutivi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato di condanna per pratiche commerciali scorrette e per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare ”.
Nello specifico, le Linee Guida attribuiscono rilevanza ai fini della sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 80, co. 5, lett. c), del Codice, ai provvedimenti sanzionatori dell’Autorità che riguardano illeciti antitrust gravi, “aventi effetti sulla contrattualistica pubblica” e “posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare”.
In presenza di tali provvedimenti, le Linee Guida prevedono che le stazioni appaltanti debbano valutare le condotte oggetto di accertamento ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente, in quanto integranti situazioni idonee a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico (par. 2.2.3).
Ai fini di tale valutazione, le Linee Guida prevedono alcuni criteri che la stazione appaltante dovrà seguire, disponendo che l’eventuale esclusione non costituisce una conseguenza automatica e deve essere disposta all’esito di un procedimento in contraddittorio con l’operatore interessato (parr. 6.1 e ss.).
Tra gli elementi da valutare figurano anche eventuali misure di self-cleaning adottate dall’operatore, idonee a dimostrare la sua integrità o affidabilità nell’esecuzione dell’affidamento, nonostante l’esistenza di una causa ostativa (par. VII).
Tanto premesso, si ribadisce la valutazione positiva della scelta generale di individuare espressamente negli illeciti antitrust ipotesi di gravi illeciti professionali idonee a determinare l’esclusione di un concorrente da una procedura di evidenza pubblica, in quanto una simile ipotesi – oltre che conforme alla normativa europea – appare idonea ad assicurare un adeguato effetto di deterrenza nella commissione di illeciti antitrust nell’ambito di gare pubbliche.
Tuttavia la scelta di attribuire rilevanza al provvedimento meramente “esecutivo” dell’Autorità – e non più ai “provvedimenti di condanna divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato” come recitava la precedente versione delle Linee Guida – ai fini della valutazione in merito alla sussistenza di un grave illecito professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), comporta alcune criticità.
Al riguardo, si segnala il possibile contrasto di tale indicazione con l’art. 80, co. 10, del Codice dei contratti pubblici, che ha fissato la durata della causa di esclusione pari a tre anni decorrenti dalla data del suo “accertamento definitivo”, da intendersi - come osservato dal Consiglio di Stato nel citato parere n. 2286/2016 - quale data non già del fatto ma del suo accertamento giudiziale definitivo.
Peraltro, al fine di evitare una proliferazione del contenzioso e continui effetti sulle gare in corso derivanti dal possibile esito divergente dei giudizi, appare preferibile individuare la data dell’accertamento definitivo non in quella del provvedimento esecutivo dell’Autorità (che non è definitivo), ma in quello dell’intervenuta inoppugnabilità dell’accertamento da parte dell’Autorità (nell’ipotesi di provvedimenti non impugnati) o nella pronuncia definitiva del giudice amministrativo (in caso di impugnazione).
In questo modo, da un lato, si evita che effetti rilevanti sulle gare in corso possano essere prodotti da provvedimenti ancora soggetti al controllo giurisdizionale e, sotto altro profilo, non si identifica l’accertamento definitivo con il giudicato formale, bensì con la conclusione del contenzioso davanti al giudice amministrativo munito di giurisdizione esclusiva in materia, allontanando il rischio che un utilizzo strumentale del ricorso per Cassazione possa posticipare l’effetto di un accertamento ormai confermato dal giudice del ricorso.
Tale conclusione appare inoltre coerente con quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che, nel confermare l’ascrivibilità dell’illecito anticoncorrenziale all’ipotesi escludente del grave errore professionale – nozione già prevista dalla normativa europea precedente alle direttive del 2014 attuate con il Codice dei contratti pubblici – riconosce la compatibilità con gli artt. 49 e 56 TFUE di una normativa nazionale che esclude la partecipazione a una procedura di gara d’appalto di un operatore economico che abbia commesso “un’infrazione al diritto della concorrenza, constatata con decisione giurisdizionale passata in giudicato, per la quale gli è stata inflitta un’ammenda” (causa C-470/13, cit., § 39). Nell’affermare tale principio, la Corte si riferisce anche al considerando 101 della direttiva 2014/24 (non ancora attuata all’epoca dei fatti di causa), che stabilisce che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero avere la possibilità di escludere operatori economici, segnatamente per errori gravi nell’esercizio della propria attività professionale, come la violazione di regole in materia di concorrenza, perché un errore del genere può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico (§ 37).
Con riguardo all’istituto del c.d. self-cleaning, si apprezza con favore l’inserimento nelle Linee Guida di puntuali indicazioni circa la possibilità per le imprese di provare di aver adottato misure sufficienti a dimostrare l’integrità e l’affidabilità per l’esecuzione del contratto oggetto di affidamento nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione.
Al riguardo si osserva che tra gli elementi che potranno essere presi in considerazione dalla stazione appaltante (cfr. Linee Guida par. 7.3), con riguardo agli illeciti antitrust, possono assumere rilievo la sostituzione del management responsabile dell’illecito (anche accompagnato dall’avvio di azioni di responsabilità nei confronti dello stesso), la dotazione di efficaci programmi di compliance, nonché l’adesione a programmi di clemenza che hanno consentito l’accertamento dell’illecito o che consentano l’accertamento di altri illeciti.
Infine, si rileva come non appare in linea con quanto previsto nella norma primaria con riferimento agli illeciti professionali suscettibili di rilevare quale causa di esclusione dalla partecipazione agli appalti la scelta di ricomprendere in tale ambito anche i provvedimenti di condanna “per pratiche commerciali scorrette”.
Tale tipologia di violazione non appare configurare un illecito professionale riferibile alla contrattualistica pubblica, non inquadrandosi nell’ambito di un rapporto di consumo la condotta posta in essere nella fase di partecipazione dell’operatore economico alla gara.
In conclusione, sulla base delle considerazioni precedenti, si suggerisce di modificare il par. 2.2.3.1 delle citate Linee Guida, nel senso di conferire rilevanza ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente, ai “provvedimenti divenuti inoppugnabili o definitivamente confermati dal giudice amministrativo, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che contengono l’accertamento di illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare”.
L’Autorità auspica che le presenti osservazioni siano tenute in considerazione ai fini del miglioramento e integrazione dell’attuale formulazione delle Linee Guida.