Rischio di totale paralisi degli appalti pubblici e professionisti praticamente tagliati fuori dai pubblici affidamenti. Lo denuncia il Consiglio Nazionale Ingegneri che pone l’attenzione sugli effetti della combinazione tra l’entrata in vigore, a partire dal primo luglio, delle nuove regole per i contratti pubblici e il preoccupante risultato del processo di qualificazione delle stazioni appaltanti. Su circa 26mila stazioni appaltanti, infatti, solo 1.571 hanno avuto il via libera da parte dell’Authority.
“La carenza di stazioni appaltanti qualificate rischia seriamente di portarci al sostanziale blocco degli appalti – afferma Domenico Perrini, Presidente del CNI -. Con questi numeri circa il 95% delle stazioni appaltanti non potrà autonomamente dar corso ad affidamenti superiori ai 500mila euro. L’immediata conseguenza è che le poche stazioni appaltanti qualificate dovranno farsi carico anche delle procedure altrui, con un concreto rischio paralisi. Altra grande criticità, per fare un esempio, è quella legata agli appalti con metodologia BIM che richiedono la presenza di un BIM manager ed un ACDat manager, figure non disponibili all’interno degli organici delle PA”.
“Dal primo luglio, inoltre – prosegue Perrini – è entrata in vigore la norma che determinerà l’esclusione dalle procedure di affidamento di buona parte degli operatori economici, professionisti in testa, a causa della riduzione da dieci a soli tre anni dei requisiti professionali qualificanti. Sulla base dei nostri calcoli, con questa nuova regola, i professionisti oggi sarebbero tagliati fuori dal 90% delle procedure alle quali, col vecchio requisito dei 10 anni, hanno partecipato”.
Per queste ragioni il Consiglio Nazionale Ingegneri chiede decisa accelerazione nella emanazione di un Correttivo, per la cui definizione assicura piena collaborazione, anche a partire dal contributo già redatto con la Rete Professioni Tecniche.
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