Nel suo ultimo report del 2019, la rivista The Lancet ha indicato la Pianura Padana come il luogo in Europa in cui si muore di più per inquinamento. Infatti, dai dati emerge che le prime tre città per morti da inquinamento sono: Brescia che registra dai 232 ai 309 decessi all’anno, Bergamo tra i 137 e i186 e Vicenza tra i 124 e i 167.
Dal 2015 le istituzioni hanno avviato alcuni provvedimenti per ridurre i livelli di inquinamento, che continuano ancora oggi: sono stati stanziati 180 milioni per migliorare il trasporto pubblico, un fondo pluriennale per l’abbattimento delle polveri sottili e gli ossidi d’azoto; anche l’Ecobonus al 110% aiuterà a ridurre l’inquinamento legato al riscaldamento abitativo (sostituendo le vecchie caldaie dei condomini con modelli meno inquinanti).
Proprio in questi giorni le centraline dell’Arpa hanno segnalato in diverse città del nord lo sforamento dei livelli di inquinamento e subito sono scattati gli stop alla circolazione degli Euro 4, l’abbassamento del riscaldamento domestico, agli abbruciamenti e ai fuochi d’artificio.
Livelli di inquinamento ancora troppo alti
Tra le tante fonti di inquinamento, a volte si tende a sottovalutare le combustioni incontrollate all’aperto: smaltimento di residui di potature nel settore agricolo; roghi operati da privati con materiali plastici, imballaggi di vario genere, rifiuti ingombranti, vernici, resti di detersivi e saponi, oli esausti; roghi delle ecomafie per lo smaltimento illegale dei rifiuti; impieghi legati a celebrazioni religiose come i Falò di Sant’Antonio e i fuochi d’artificio. A tal proposito, proprio Regione Lombardia ha pubblicato negli anni scorsi i dati derivanti dalla combustione dei falò nella ricorrenza della festività di Sant’Antonio. Nell’hinterland milanese in poche ore si sono registrati valori di PM10 4/ 5 volte superiori rispetto alla media, arrivando fino a 400 mg/m3 per un limite giornaliero pari a 50 mg/mc. Come si può vedere dal grafico nella fascia oraria in cui avviene l’accensione del falò i livelli di PM10 aumentano vertiginosamente, arrivando a sfiorare i 270 mg/m3 alle ore 23 del 17 gennaio.
Il tema delle combustioni incontrollate all’aperto è oggi poco considerato quando si discute di inquinamento, e non c’è quasi nessuna traccia di esse nei dati sui fattori di inquinamento che le regioni del bacino Padano caricano sui loro siti internet. Ad esempio, sul sito della regione Veneto viene messo a disposizione dei cittadini questo grafico di INEMAR che indica quali sono le principali fonti di emissione di PM10. Tra le undici voci rappresentate dal grafico mancano totalmente le combustioni incontrollate all’aperto. Potrebbero far parte della voce “Combustione non industriale” che occupa il 65% del grafico o del 4% della voce “Agricoltura” o di quel generico 2% che comprende “Altre sorgenti e assorbimenti”. A causa di questa poca chiarezza è quindi impossibile riuscire a dare una stima di quanto le combustioni incontrollate all’aperto incidano sulla qualità dell’aria nella Pianura Padana.
L’attenzione verso le combustioni incontrollate
Se a livello di governance regionale c’è ancora poca attenzione al fenomeno, a livello mediatico invece negli ultimi anni si è assistiti sempre più a fatti di cronaca in merito all’abbruciamento illegale di rifiuti operati a volte da privati cittadini e a volte da vere e proprie organizzazioni criminali.
Questo problema non è relativo esclusivamente al bacino Padano, ma abbraccia tutta la penisola. Nella provincia di Roma lo smaltimento di rifiuti tossici mediante abbruciamento è stato documentato da vari servizi di cronaca negli ultimi anni, anche se è la “terra dei fuochi” nella provincia di Caserta a essere tristemente nota per combustioni incontrollate di rifiuti tossici, che hanno portato anche a numerose morti.
Il trend che emerge dalla cronaca negli ultimi anni sembra essere preoccupante, nella sola Lombardia nel 2018 gli incendi sono stati 63 nell’arco dell’anno, di cui 22 legati allo smaltimento dei rifiuti secondo quanto riportato da IlSole24Ore.
La pericolosità di queste combustioni risiede nella loro natura privata che non permette di vagliare le sostanze che vengono bruciate. Questi cumuli possono essere composti da diversi materiali come plastica e oli esausti, che hanno un potenziale inquinante molto più alto delle combustioni di soli residui vegetali. Il problema in Pianura Padana è duplice perché la particolarità del suo territorio impedisce un efficiente ricircolo d’aria in alcuni periodi dell’anno tanto che da ottobre a marzo qualsiasi tipo di combustione all’aperto è vietato dalla legge.
Ma basta questo per risolvere il problema? Certo che no. Per risolvere il problema dell’inquinamento nel bacino Padano, le regioni interessate dovrebbero introdurre controlli più stringenti e una normativa più severa che funzioni da deterrente, ma prima di tutto sarebbe opportuno prendere coscienza del problema e dedicargli una voce apposita nelle tabelle dei dati sull’inquinamento messe a disposizione sui siti delle varie Regioni.