Entro domani 25 aprile le commissioni competenti di Senato e Camera dovranno esprimere il loro parere sullo schema di decreto legislativo – approvato in esame preliminare dal Consiglio dei ministri lo scorso 10 marzo - recante adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 305/2011 che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE.
LE OSSERVAZIONI DI FINCO. Con una breve nota che riportiamo integralmente, F.IN.CO., la Federazione delle Industrie dei Prodotti, degli Impianti, dei Servizi e delle Opere Specialistiche per le Costruzioni, intende portare all’attenzione del Parlamento alcune criticità del provvedimento.
Si rileva prioritariamente che questo documento di raccordo tra la normativa nazionale e le disposizioni del Regolamento Prodotti da Costruzione (Construction Products Regulation -CPR 305/11) è certamente utile a sistematizzare ed istituzionalizzare l’attività in materia che in questi anni è stata più affidata alla buona volontà dei singoli che alla presenza di un preciso piano d’azione.
Se il settore delle costruzioni rappresenta circa il 10% del Pil (non solo a livello nazionale ma anche europeo), il mercato dei materiali da costruzione complessivamente considerato rappresenta poco meno della metà di questo dato ed è per questo meritevole di una attenzione che finora non ha avuto se non marginalmente.
Ciò premesso e fermo restando che le indicazioni del CPR devono, in ogni caso, rimanere prioritarie (proprio in ragione della certezza delle regole connessa ad un atto che per volontà della stessa Unione Europea non è più una Direttiva, ma un Regolamento) e che la vigilanza del mercato è argomento fondamentale e di cui si è sentita pesantemente la mancanza in questi anni non si può, però, non evidenziare come ci siano aspetti che lasciano alquanto perplessi e che vengono di seguito elencati per sintetici punti.
- Lo schema di Decreto Legislativo rimanda ad una gran quantità di successivi atti applicativi che, per quanto abbiano tempi certi di definizione, rischiano di procrastinare l’operatività del meccanismo (e molti sono gli sono esempi di buoni provvedimenti successivamente rimasti inattuati)
- La necessità di inoltrare a più amministrazioni competenti una stessa istanza/documentazione (art. 10, art. 14) anche se con i moderni mezzi informatici non è un reale aggravio rappresenta, nondimeno, un appesantimento procedurale ed un controsenso alla luce della istituzione del Comitato Nazionale di Coordinamento per i prodotti da costruzione (art. 3).
- La previsione di mettere a carico dei richiedenti i costi della “vigilanza sul mercato e nei cantieri per i materiali ed i prodotti da costruzione” (art. 15, comma 1, lettera c) è sicuramente previsione molto grave che non solo rischia di porre un freno ad una vigilanza del mercato che si aspetta da oltre un ventennio ma che affida al mercato una funzione di natura prettamente pubblica. Dovrebbe, quindi, essere chiarito che i costi sono a carico degli operatori economici che abbiano compiuto le eventuali violazioni.
- Il capitolo delle sanzioni è particolarmente nutrito; si ritiene in proposito che, nonostante la sanzione sia parte essenziale dell’applicazione del CPR, la stessa debba essere graduata in base alla gravità della violazione anche in considerazione del fatto che l’art. 56 del CPR non prevede sanzioni così rigide.
In particolare, dovrebbe sempre essere prevista la possibilità di sanare eventuali irregolarità formali prima di irrogare la relativa sanzione pur conservando una maggior severità laddove le mancanze riguardino i materiali ad uso strutturale o le caratteristiche antincendio dei prodotti.
Nella graduazione della sanzione sarebbe opportuno partire, soprattutto nelle commesse pubbliche, da sanzioni “dirette” come le penali, il rifiuto della merce, l’esclusione dalle gare, la nullità del contratto che, proprio per l’immediata applicazione, possono essere particolarmente efficaci.
Sempre in tema di applicazione di sanzioni, occorrerebbe distinguere la responsabilità del produttore da quelle del Direttore dei Lavori responsabile per la posa in opera del prodotto (allorquando diverso dal produttore stesso) (art. 5, comma 3).
- Alcune previsioni contenute nello schema di Decreto Legislativo che non sono pienamente in armonia con il CPR, come la possibilità di redigere le dichiarazioni di prestazione solo al termine del periodo di coesistenza (Art. 5 comma 1), andrebbero temperate (nello specifico caso, l’Art. 4 del CPR non porta siffatte restrizioni).
- La pura possibilità per le Amministrazioni competenti di “elencare le prestazioni dei prodotti e le relative caratteristiche essenziali” (Art. 6, comma 2), proprio al fine di favorire la trasparenza nel mercato e non indurre in errore i produttori, dovrebbe essere diversamente declinata quale “obbligo”.
Negli anni scorsi UNI, con il lavoro di tutte le Commissioni Tecniche direttamente interessate, aveva prodotto un pregevole lavoro che individuava, per ognuno dei prodotti oggetto di norma armonizzata, le caratteristiche che sarebbe stato necessario dichiarare al momento della marcatura: è fortemente opportuno che quel lavoro venga ripreso e recepito.
A margine si segnala che sarebbe utile per lo sviluppo di un mercato “virtuoso” che una qualche forma di “corresponsabilità” di filiera sia imputabile anche al committente (soggetti pubblici inclusi) ed al progettista che non avendo mai preteso in questi anni un prodotto correttamente marcato non hanno alimentato quella “domanda” che più di ogni sanzione avrebbe potuto stimolare un mercato rispettoso delle regole.
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