In virtù del principio di tassatività della cause di esclusione dalle gare, sancito dall’art. 46, comma 1 bis, del D. Lgs. n. 163/2006, non solo l’esclusione può essere disposta solo in applicazione di una specifica causa indicata nel codice dei contratti, del regolamento o di altre disposizioni di leggi vigenti, per quanto in presenza di una prescrizione della lex specialis, deve in ogni caso trovare applicazione il principio della più ampia partecipazione alla gara che garantisce il miglior risultato per la stazione appaltante.
Anche perché le cause di esclusione, in quanto limitano la libertà di concorrenza e in quanto di natura latu sensu sanzionatoria, sono di stretta interpretazione e non possono essere oggetto di interpretazione analogica e/o estensiva.
Lo ha precisato la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1565/2015 depositata il 23 marzo.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, le valutazioni della commissione di gara in ordine alla valutazione della congruità delle offerte tecniche sono espressione di discrezionalità tecnica dell'amministrazione appaltante e, quindi, assoggettabili ad un sindacato limitato alle presenza di macroscopiche illogicità ed omissioni ovvero ad evidenti errori di fatto (ex plurimis, tra le più recenti, Cons. St., sez. V, 4 novembre 2014, n. 5446; 11 novembre 2014, n. 5518; sez. VI, 18 novembre 2014, n. 5652).
Allorquando l'amministrazione abbia ritenuto congrua l'offerta sulla base delle spiegazioni fornite dal concorrente in sede di verifica dell'anomalia, la sua valutazione deve ritenersi sufficientemente motivata con richiamo per relationem ai chiarimenti ricevuti, giacché la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando invece ad accertare se l'offerta nel suo complesso sia attendibile e, dunque, se dia o non serio affidamento circa la corretta esecuzione (Cons. St., sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890).
COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE DI GARA. Quanto alla presunta incompatibilità di un soggetto, funzionario responsabile dell’ufficio competente, a far parte della commissione di gara, Palazzo Spada rileva che, se non è revocabile in dubbio che la disposizione dell’art. 84 del D. Lgs. n. 163 del 2006, dettata a garanzia della trasparenza e dell’imparzialità dei procedimenti di gara, impedisce la presenza nelle commissioni di gara di coloro che abbiano svolto un’attività idonea ad interferire con il giudizio di merito sull’appalto, in grado cioè di incidere sul processo formativo della volontà che conduce alla valutazione delle offerte potendo condizionarne l’esito (ex multis, Cons. St., sez. V, 28 aprile 2014, n. 2191; 14 giugno 2013, n. 3316; sez. VI, 21 luglio 2011, n. 4438; 29 ottobre 2010, n. 9577), d’altra parte deve sottolinearsi, per un verso, che tale incompatibilità deve riguardare effettivamente il contratto del cui affidamento si tratta e non può riferirsi genericamente ad incarichi amministrativi o tecnici genericamente riferiti ad altri appalti (Cons. St., sez. V, 25 luglio 2011, n. 4450; sez, III, 28 febbraio 2014, n. 942) e, per altro verso, che di tale situazione di incompatibilità deve essere fornita adeguata e ragionevole prova, non essendo sufficiente in tal senso il mero sospetto di una possibile situazione di incompatibilità (dovendo la disposizione in questione, in quanto limitativa delle funzioni proprie dei funzionari dell’amministrazione, essere interpretata in senso restrittivo).
Ciò senza contare che, al fine della sussistenza della incompatibilità in questione, non è neppure sufficiente la mera predisposizione materiale del capitolato speciale, occorrendo invero non già un qualsiasi apporto al procedimento di approvazione dello stesso, quanto piuttosto una effettiva e concreta capacità di definirne autonomamente il contenuto, con valore univocamente vincolante per l’amministrazione ai fini della valutazione delle offerte, così che in definitiva il suo contenuto prescrittivo sia riferibile esclusivamente al funzionario, fattispecie che non ricorre nel caso di specie in cui il capitolato tecnico in questione risulta approvato da altro dirigente (che poi ha svolto le funzioni di presidente della commissione di gara).
CLAUSOLA DI STAND STILL. Infine, il Consiglio di Stato ritiene condivisibile l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui la violazione della clausola detta di stand still (termine dilatorio che dovrebbe precedere la stipula del contratto) non costituisce vizio dell’aggiudicazione e non determina pertanto la sua invalidità (Cons. St., sez. V, 31 marzo 2014, n. 1548; sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4934).