Nel caso in cui non sia stata effettuata l’imputazione dei crediti esigibili e non ancora riscossi derivanti dall'esercizio della professione legale in Italia, il contribuente, che ha impropriamente chiuso la propria partita Iva prima che fossero concluse tutte le attività a essa connesse, dovrà procedere alla richiesta di riattivazione della propria posizione fiscale e, al momento dell'effettivo incasso dei singoli crediti, dovrà rendicontarli tramite l'emissione di una fattura per prestazione di lavoro autonomo e dichiararli come reddito professionale, utilizzando il modello Redditi Pf dell'anno di competenza.
È quanto chiarisce l'Agenzia delle entrate nella risposta n. 218 del 26 aprile 2022.
L’avvocato che pone il quesito è iscritto all’Aire e, a causa del suo trasferimento all’estero avvenuto nel 2021, ha chiuso la partita Iva in Italia. Successivamente gli è stato liquidato un compenso per una prestazione legale conclusa nel 2014, anno in cui era in possesso di una regolare posizione fiscale nel nostro Paese.
L’istante ritiene che, in base alla disciplina forense, può continuare a esercitare la professione nonostante il trasferimento all’estero (articolo 7, comma 5, legge n. 247/2012) e, sulla base di tale presupposto, chiede:
- se per le attività professionali già concluse, ma non ancora liquidate, può emettere fattura secondo le modalità previste, per le prestazioni occasionali, dalla legge n. 92/2012
- se tale modalità può essere applicata anche per le attività future eventualmente effettuate in Italia.
L’Agenzia delle entrate precisa, innanzitutto, che il riferimento legislativo indicato dall’istante non è pertinente perché riguarda la razionalizzazione delle modalità di collaborazione dei titolari di partita Iva, mentre la vicenda dell’interpello si risolve con la corretta qualificazione del reddito ricevuto dall’avvocato sulla base del Tuir.
Altro elemento fondamentale è la procedura da seguire per la chiusura della partita Iva. Al riguardo l’Agenzia evidenzia che la partita Iva non può essere chiusa in caso di adempimenti ancora pendenti relativi a operazioni attive e passive effettuate. La posizione deve rimanere attiva, quindi, fino a quando il professionista ha parcelle ancora da riscuotere e fatturare (articolo 35, decreto Iva). La regola è confermata anche dai chiarimenti forniti in proposito dalla circolare n. 11/2007 e dalla risoluzione n. 232/2009.
Il documento prassi prosegue ricordando che il contratto di lavoro autonomo, regolato dall’articolo 2222 del codice civile, può essere di tipo professionale oppure occasionale. Ai fini fiscali e della classificazione del reddito prodotto, nel primo caso si fa riferimento al comma 1 dell'articolo 53 del Tuir, nel secondo caso, nonostante la qualificazione, deve essere considerato produttivo di redditi diversi in base all’articolo 67 dello stesso Testo unico.
In particolare, con riferimento all’interpello, l'articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir dispone che sono qualificabili come redditi diversi quelli “derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere” a patto che non costituiscano “redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”.
L’Agenzia osserva che la mancanza delle caratteristiche di abitualità e professionalità necessarie affinché il lavoro autonomo possa essere considerato “occasionale” deve essere valutata caso per caso e non è accertabile in sede di interpello.
L’istante, riepiloga, l’Agenzia, ha maturato il credito liquidato dopo il suo trasferimento all’estero quando svolgeva ancora in modo abituale l’attività di lavoro autonomo. È esclusa, quindi, l’attività occasionale.
Accertato tale presupposto, l’avvocato ha due strade alternative per documentare correttamente i redditi relativi alle prestazioni effettuate nel periodo in cui svolgeva la sua attività professionale in Italia: imputare i crediti non ancora incassati al momento della chiusura della posizione Iva ai redditi relativi al 2021, ultimo annodi attività professionale nel nostro Paese, oppure mantenere la posizione Iva individuale fino alla conclusione di tutte le operazioni fiscalmente rilevanti, come previsto dai documenti di prassi su richiamati. Quest’ultima soluzione consente l'emissione della fattura e l’imputazione del reddito nella dichiarazione relativa all’anno in cui si realizza l'incasso del credito come prevede il principio di cassa.
L’istante, che dalle informazioni fornite non sembra aver dichiarato i compensi in relazione al periodo d’imposta 2021, dovrà, quindi, riattivare la propria posizione fiscale Iva e, al momento dell'effettivo incasso dei singoli crediti, dovrà rendicontarli attraverso l'emissione di una fattura per prestazione di lavoro autonomo e dichiarare la somma come reddito professionale, utilizzando il modello Redditi Pf dell'anno di competenza.
Per quanto riguarda, invece, il chiarimento richiesto in merito alla rendicontazione di eventuali e generiche prestazioni di lavoro autonomo svolte in futuro, occasionalmente, dal professionista, trasferito all’estero, in Italia, l’Agenzia ritiene il quesito inammissibile perché può originare dubbi interpretativi non essendo ben definito il caso ipotizzato.