La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6593 del 21 novembre 2018 ha fissato alcuni punti fermi importanti in materia di competenze professionali sulle opere idrauliche, riconoscendo l’esclusiva privativa professionale degli Ingegneri al riguardo (vedi allegato).
La sentenza è scaturita da un ricorso mosso da un’impresa seconda classificata in una gara d’appalto per la sistemazione idraulico-forestale e la messa in sicurezza e tutela delle risorse naturali del fiume Peccia. Motivo del ricorso: l’offerta tecnica presentata dall’impresa aggiudicataria era stata sottoscritta da un Architetto, anziché da un Ingegnere.
Per questo, l’aggiudicazione era stata dichiarata illegittima e l’appello presentato dalla Comunità Montana al Consiglio di Stato è stato respinto.
Secondo il giudice amministrativo, per individuare la privativa professionale spettante occorre seguire il criterio della delibazione in concreto, ovvero decidendo “in relazione agli interventi in concreto proposti dall’aggiudicataria, non alla tipologia di opera nel suo complesso.
Pur se il bando di gara non conteneva alcun vincolo specifico quanto alla Categoria di appartenenza dei tecnici di cui i concorrenti si sarebbero dovuti avvalere per la presentazione delle offerte tecniche, è possibile giungere alla soluzione – secondo il Consiglio di Stato – concentrando l’attenzione sull’oggetto specifico dell’attività tecnico-progettuale delle proposte contenute nell’offerta tecnica dell’aggiudicataria.
Esaminando la disciplina contenuta nel DPR 5 giugno 2001 n.328 – “emanato proprio al fine di tenere conto dei nuovi percorsi formativi di accesso (lauree e lauree specialistiche) alle diverse professioni e di differenziare, in base a tali percorsi, sia le attività professionali consentite a ciascuna categoria professionale che i requisiti di ammissione agli esami di Stato” – il Consiglio fornisce alcuni spunti interessanti, stabilendo che “sono ancora attuali gli approdi giurisprudenziali (Consiglio di Stato, 6 aprile 1998 n.416; 19 febbraio 1990 n.92; 11 febbraio 1984 n.1538; 22 maggio 2000 n.2938) che riconoscono che “la progettazione delle opere viarie, idrauliche e igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli Ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del RD n.2537/1925.
Questa conclusione produce effetti anche in materia di rapporti tra la professione di Ingegnere e quella di Architetto, sul versante delle competenze professionali.
D’ora in avanti – grazie al contributo interpretativo offerto dalla illustrata sentenza n.6593/2018 della V Sezione del Consiglio di Stato – le stazioni appaltanti (ferma restando la necessità di una verifica caso per caso e non aprioristica e puramente nominalistica dell’oggetto dell’affidamento) non potranno ammettere elaborati progettuali firmati da un Architetto, qualora si tratti di lavori di sistemazione idraulica e di progettazione di opere idrauliche fluviali e di corsi d’acqua, o comunque di opere ad esse assimilate o collegate, in quanto richiedenti l’applicazione di calcoli idraulici e il possesso di una competenza tecnica specifica, che esula dalla nozione di “edilizia civile” contenuta nell’art.52, comma 1, del RD n.2537/1925 (ovvero dalla parte di attività di competenza concorrente tra Architetti ed Ingegneri).