Da un lato la transizione energetica con cui si prova mitigare gli effetti del surriscaldamento del pianeta, dall’altro la guerra in Ucraina che di fatto ha obbligato tutti i Paesi dell’Unione europea a rivedere la propria politica energetica. Subito ci si è resi conto che non è facile affrancarsi dalle forniture russe e così, complice anche l’inflazione ritornata a livelli che non si vedevano da anni, oggi si parla sempre più spesso di “povertà energetica” ovvero, secondo la definizione di Eurostat, l’impossibilità da parte di famiglie o individui di procurarsi un paniere minimo di beni e servizi energetici.
E i servizi energetici sono quei servizi fondamentali che occorrono per assicurare uno standard di vita dignitoso, quali: riscaldamento, raffreddamento, illuminazione, gas per cucinare nelle abitazioni e l’opportunità di accesso alle risorse energetiche.
Nel 2021 La Commissione europea ha lanciato un sito web dedicato alla povertà energetica, che vuole essere un punto di riferimento per i decisori politici. La piattaforma si chiama EPAH (Energy Poverty Advisory Hub) ed è utile per i Governi europei impegnati nella lotta alla povertà energetica.
In questo scenario complesso una delle numerose soluzioni messe in atto per contrastare la povertà energetica sono le Comunità energetiche: la produzione decentrata ha infatti l’obiettivo di ridurre i prezzi pagati dai consumatori finali e quindi aumentare l’accesso all’energia anche per le fasce di popolazione meno abbienti.
TIPOLOGIE DI COMUNITÀ ENERGETICHE
Le comunità possono essere di due tipi:
- comunità energetica rinnovabile, in cui i membri sono autonomi e prossimi agli impianti, con il vincolo dello sfruttamento di fonti rinnovabili;
- comunità energetica di cittadini, che non prevede principi di autonomia e prossimità e può gestire solo l’elettricità.
Questi gruppi sono stati riconosciuti a livello europeo con la direttiva 2019/944 relativa alle norme comuni per il mercato interno dell’energia. Sono stati anche inclusi nel clean energy for all Europeans package, un regolamento adottato per ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili e incentivare lo sfruttamento delle rinnovabili. Si tratta di linee guida che seguono i principi del green deal europeo.
LA SITUAZIONE ATTUALE
La decentralizzazione dell’energia si inserisce in un ambito difficile, quello della produzione energetica. Si tratta di un tema sempre più centrale del dibattito pubblico, per numerose ragioni. Diminuire gli impatti del settore dell’energia è per esempio un aspetto cruciale nella riduzione totale delle emissioni di gas a effetto serra, per cui è prevista a livello europeo una strategia di lungo termine.
L’offerta di elettricità, gas, vapore e aria condizionata registra più di 7 milioni di tonnellate di emissioni. È questo il segmento che in Europa ha l’impatto più ampio. È del 20% invece l’incidenza sulle emissioni totali di industrie e abitazioni europee (2021).
Ma come spiegato all’inizio ci sono anche altri aspetti da considerare oltre a quello ambientale. La nuova realtà geopolitica e la diversa configurazione del mercato energetico pongono diverse questioni di tipo economico e produttivo. La recente spinta inflazionistica vede tra le sue cause l’offerta di beni energetici. Resta infatti la componente che più pesa sui prezzi tra il 2021 e il 2022. Se inizialmente questa dinamica era dovuta dall’aumento delle attività produttive nella ripresa post-pandemica, le problematiche dal lato dell’offerta e l’invasione russa dell’Ucraina hanno contribuito in modo significativo all’aumento dei prezzi dell’energia. E gli effetti sulle famiglie non si sono fatti attendere: già per il 2021 Eurostat stimava al 25% l’incidenza delle spese per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri carburanti sul totale delle uscite delle famiglie.
Per queste ragioni oggi la delocalizzazione della produzione energetica viene vista come una delle potenziali soluzioni, soprattutto per le realtà più piccole. Dal momento che si tratta di un’innovazione piuttosto recente, è difficile definire al momento quante ne sono presenti. Tuttavia, a livello europeo è in corso una mappatura delle iniziative in via di progettazione e costruzione.
DIFFERENZA TRA COMUNITÀ ENERGETICA E GREEN COMMUNITY
Comunità energetica e green community sono molto simili, ma ci sono alcune piccole differenze. La più importante è l’ambito di azione. La prima ha come focus la produzione condivisa di energia elettrica che poi viene consumata da chi ha aderito a questo soggetto giuridico, la seconda può comprendere anche progetti di gestione turistica oppure di edilizia sostenibile. Inoltre, per quanto entrambe si prestino a essere attuate in zone più distanti dai poli, le green community sono nate proprio per promuovere l’autonomia delle aree più rurali e montuose del paese.
Inoltre, la comunità energetica viene definita all’interno delle leggi comunitarie. Lo stesso non si può dire per la green community che viene menzionata nella legge 221/2015 ma non trova un corrispettivo europeo.