Il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare la legge della Regione Abruzzo n. 8 del 17/05/2022 “Interventi regionali di promozione dei gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile e delle comunità energetiche rinnovabili e modifiche alla l.r. 6/2022”. Secondo il Governo nazionale questa legge regionale è censurabile relativamente alle disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 3, lettere b), c), d) ed e), e comma 4, nell’articolo 4, comma 2 e nell’articolo 9 , comma 1, lettera b) andando a violare l’articolo 117 primo e terzo comma della Costituzione e, nello specifico, i principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» delineati dal d.lgs. n. 199 del 2021 e dall’articolo 42-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8), disposizioni statali che costituiscono attuazione di norme europee. Inoltre, la legge regionale è censurabile relativamente alla disposizione finanziaria contenuta nell’articolo 11, commi dal 2 al 5, che, per i motivi di seguito indicati, si pone in contrasto con l’articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
"Si premette che la legge regionale in questione persegue la finalità di incoraggiare l’autoconsumo di energia rinnovabile, al fine di de-carbonizzare l’economia regionale, promuovendo gli auto-consumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e l’istituzione di comunità energetiche rinnovabili (CER), di cui al decreto legislativo n. 199 del 2021.
Il tema delle comunità energetiche è oggetto di disciplina nella direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili che in più passaggi sottolinea la necessità che il regime giuridico riservato alle comunità di energia sia improntato a criteri di piena accessibilità e che alle stesse sia garantita una forma giuridica atta ad assicurarne l’autonomia rispetto ai suoi membri o azionisti, enucleando dettagliati principi e criteri.
L’articolo 22 della direttiva (Comunità di energia rinnovabile) sviluppa nel dettaglio i principi cui deve essere improntata la disciplina di recepimento facendo riferimento a criteri di non discriminazione in sede autorizzativa, nello svolgimento delle loro attività e nell’esercizio dei loro diritti e obblighi in quanto consumatori finali, produttori, fornitori, gestori del sistema di distribuzione, o altri partecipanti al mercato, nell’accesso al mercato dell’energia elettrica e a regimi di sostegno, ivi inclusi quelli economici.
Come noto, il legislatore italiano ha recepito la citata direttiva con l’adozione del predetto decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, con cui, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030, sono stati definiti gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico necessari.
In tale contesto, rispetto, dunque, a una prima fase sperimentale già attivata in Italia dall’articolo 42-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8), particolare rilievo assume l’implementazione di nuove configurazioni quali, le comunità energetiche rinnovabili e i gruppi di auto-consumatori che agiscono collettivamente.
A tale ultimo riguardo, la scelta operata dal legislatore, è stata quella di promuovere al massimo la diffusione, anche per favorire le dinamiche di realizzazione degli impianti con processi partecipativi dei territori: a fronte, pertanto, della necessità di pervenire a modelli più sostenibili di realizzazione degli impianti sul territorio, è apparso necessario potenziare il ruolo dei consumatori, rendendoli maggiormente attivi nel processo del cambiamento del sistema energetico, anche nella realizzazione di impianti e condivisione congiunta dell’energia prodotta. In tal senso, il citato decreto legislativo disciplina le figure delle comunità energetiche rinnovabili e quella dei consumatori rinnovabili che agiscono collettivamente, dettando in tal senso i principi fondamentali della materia anche in omaggio ad una esigenza di uniformità di regolamentazione sul territorio.
Ciò premesso risultano in particolare censurabili le seguenti disposizioni della legge regionale in esame che, violando le norme interposte contenute nel d.lgs. n. 199 del 2021 e nell’articolo 42-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8), disposizioni statali di principio nella materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», che costituiscono recepimento nell’ordinamento nazionale di norme europee, si pongono in contrasto con l’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione:
1. L’articolo 3, comma 3, rispettivamente alle lettere c) (“predispone un bilancio energetico annuale”), d) (“adotta un programma triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti non rinnovabili e all’efficientamento dei consumi energetici”) ed e) (“promuove progetti di efficienza energetica, anche innovativi, a vantaggio dei membri o azionisti finalizzati al risparmio energetico nonché all’incremento dell’utilizzo delle energie rinnovabili.”)
A ciò si aggiunga che il bilancio e il piano triennale devono essere trasmessi al tavolo tecnico e alla Giunta regionale per l’espletamento di attività di controllo, in esito alla quale i riscontri possono essere anche negativi, con impossibilità di accesso all’incentivo economico regionale fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati (sulla base di quanto stabilito dall’articolo 3, comma 4 e dagli articoli 5 e 7 della legge regionale in parola).
Tali disposizioni si pongono in contrasto con l’articolo 31 del d.lgs. n. 199 del 2022 , che disciplina le Comunità energetiche rinnovabili indicando i requisiti al cui rispetto esse sono tenute, nella misura in cui l’imposizione di tali oneri a carico delle comunità energetiche non trovano alcun riscontro o copertura nella normativa nazionale e rendono il funzionamento delle comunità energetiche rinnovabili disomogeneo nel territorio nazionale, compromettendo la pur dichiarata finalità di promozione di forme di autoproduzione di energia rinnovabile.
2. Lo stesso articolo 3, comma 3, lettera b) della legge regionale dispone che la CER può stipulare accordi e convenzioni con l’ARERA (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) al fine di ottimizzare la gestione e l’utilizzo delle reti di energia, anche attraverso la realizzazione di smart-grid, che è un insieme di reti di informazioni e di reti di distribuzione dell'energia elettrica, si pone in contrasto con quanto previsto dall’articolo 31 del decreto legislativo n. 199 del 2021, secondo il quale l’ARERA adotta i provvedimenti necessari a garantire l’attuazione delle disposizioni relative alla CER previsto nello stesso decreto legislativo. Riguardo alla realizzazione di “smart-grid”, la gestione della rete di distribuzione spetta ex lege esclusivamente al concessionario della rete.
3. L’articolo 4 disciplina le modalità di partecipazione e costituzione delle comunità energetiche rinnovabili, stabilendo, al comma 2, che i comuni che intendono procedere alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile adottino uno specifico protocollo d'intesa, cui possono aderire soggetti pubblici e privati, redatto sulla base di uno schema-tipo predisposto dalla Giunta regionale finalizzato a sostenere la diffusione e la coerenza dei sistemi locali di produzione, consumo ed accumulo di energia. Si demanda, pertanto, alla Giunta regionale il compito di istituire un tavolo tecnico con la funzione di favorire il confronto e la collaborazione tra i soggetti operanti nel settore energetico, per raggiungere l’obiettivo di ridurre i consumi da fonti non rinnovabili (articolo 3, comma 4 e articolo 5), e si dispone che le CER siano tenute a trasmettere “i documenti di cui al comma 3, lettere c) e d), al tavolo tecnico di cui all’articolo 5 per le finalità previste dal medesimo articolo e, limitatamente al programma triennale di interventi, anche alla Giunta regionale ai fini della verifica della sua coerenza con il piano energetico ambientale regionale, prevedendo altresì, con l’articolo 7, un meccanismo sanzionatorio, in quanto si prevede che “Nel caso di risultati negativi riscontrati in sede di verifica e attuazione del programma triennale di interventi di cui all’articolo 3, comma 3, lettera d), le CER non possono accedere ai finanziamenti erogati dalla Regione in campo energetico e ambientale, fino al raggiungimento, entro il termine massimo di due anni, degli obiettivi indicati nel programma medesimo”.
Anche la descritta previsione regionale presenta le medesime illegittimità sopra illustrate al punto 1, in quando disegna un sistema che pone a carico delle comunità oneri non previsti dalla normativa nazionale, rendendone il funzionamento disomogeneo nel territorio nazionale, compromettendo così la finalità di promozione di forme di autoproduzione di energia rinnovabile, in violazione dell’articolo 31 del d.lgs. n. 199 del 2022 .
4. Ulteriore aspetto di criticità si ravvisa nell’articolo 9, comma 1, lettera b) che demanda alla Giunta regionale di definire, con apposito disciplinare, tra l’altro: b) i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle CER e le modalità di gestione delle fonti energetiche all'interno delle comunità e di distribuzione dell'energia prodotta senza finalità di lucro;
La legge regionale pertanto non disciplina le condizioni al cui rispetto, viceversa, la norma primaria contenuta nell’articolo 31, comma 2 del decreto legislativo 199 del 2021 subordina, l’operatività delle comunità energetiche rinnovabili, rinviando ad un successivo atto non legislativo, la definizione di detti requisiti. La previsione regionale non consentendo una puntuale valutazione di conformità in ordine al rispetto dell’eventuale disciplina dei predetti requisiti si pone in contrasto con la richiamata norma statale interposta e con il quadro europeo nazionale, andando a violare l’articolo 117, primo e terzo comma della Costituzione, a fronte dell’esigenza, ritenuta dirimente, di evitare interpretazioni che, discostandosi dal paradigma normativo di riferimento e dai principi fondamentali ivi sanciti, compromettono un’evoluzione ordinata ed uniforme della materia in esame.
5. L’articolo 11 detta la norma finanziaria ed in particolare i commi 2 e 3 quantificano e prevedono la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'applicazione degli interventi di cui all'articolo 6, comma 1, lettere e) e d), per il solo esercizio 2022. Il comma 4 prevede che alle spese relative agli esercizi successivi al 2022, si provvede con le leggi di bilancio degli esercizi successivi. Il comma 5, riguardante gli oneri derivanti dagli interventi di cui all'articolo 6, comma 1 lett. e), non fornisce alcuna quantificazione degli stessi e stabilisce che, a decorrere dall’esercizio 2023, vi si fa fronte con le leggi di bilancio degli esercizi successivi.
Il predetto comma 5, non contenendo alcuna quantificazione degli oneri di spesa né l'indicazione della copertura finanziaria, si pone in contrasto con l’art. 19, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), che dispone che "le leggi e i provvedimenti che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche devono contenere la previsione dell'onere stesso e l'indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali", e con il principio di copertura finanziaria di cui all'art. 81, terzo comma, Cost., di cui il suddetto art. 19 della legge n. 196/2009 costituisce disposizione specificativa.
In tal senso si richiamano le sentenze della C. Cost. n. 147/2018 e n. 181/2013.
Inoltre, si richiama che, avendo il bilancio triennale carattere autorizzatorio, la norma finanziaria dovrebbe quantificare gli oneri per tutti gli esercizi compresi nel bilancio di previsione 2022-2024 - in ossequio a quanto disposto dagli articoli 17 e 19 della legge n. 196/2009 - e rinviare alle successive leggi di bilancio la copertura delle spese relative agli esercizi successivi al 2024, che rappresenta l'ultimo esercizio considerato nel bilancio di previsione in corso di gestione.
Non essendo disposta alcuna previsione di spesa per gli esercizi 2023 e 2024, si desume che per tali esercizi la stessa sia nulla, evidenziando che ciò comporta che la legge regionale non autorizza l'assunzione di obbligazioni giuridiche con imputazione agli esercizi 2023 e 2024.
Il rinvio alle leggi di bilancio degli esercizi successivi operato dai commi 4 e 5, non dovrebbe riguardare gli esercizi successivi al 2022, bensì quelli successivi al 2024.
Per i motivi sopraesposti, la legge regionale, limitatamente alle disposizioni sopra indicate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione".