Secondo un principio generale, costantemente ribadito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, in ambiti caratterizzati da una pluralità di competenze e, qualora risulti impossibile comporre il concorso di competenze statali e regionali, tramite un criterio di prevalenza, non è costituzionalmente illegittimo l’intervento del legislatore statale, purché agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione che deve in ogni caso permeare di sé i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie.
La disposizione impugnata dalle Province autonome di Bolzano e di Trento - art. 31 dello Sblocca Italia (DL n. 133/2014 convertito con modifiche nella legge n. 164/2014) - “attua il principio di leale collaborazione, prevedendo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – che deve definire le condizioni di esercizio del condhotel e i criteri e le modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi esistenti – sia adottato «previa intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281» (art. 31, comma 1)”.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 1/2016 depositata il 14 gennaio.
NORME IN MATERIA DI CONDHOTEL. Il suddetto art. 31, ricorda la Consulta, introduce norme in materia di condhotel, una tipologia innovativa di esercizi alberghieri, a gestione unitaria, che forniscono servizi sia nelle tradizionali camere destinate alla ricettività, sia in unità abitative a destinazione residenziale. Nell’ordinamento italiano, la figura del condhotel è menzionata per la prima volta all’art. 10, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 29 luglio 2014, n. 106, che non ha mai ricevuto attuazione. È solo nell’art. 31 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, che il nuovo istituto trova una sua definizione e un principio di disciplina, da svilupparsi tramite l’apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, configurando una nuova tipologia di esercizio alberghiero contraddistinta dall’offerta di servizi, oltre che in camere tradizionali, anche in unità residenziali di proprietà di terzi privati.
La Corte costituzionale osserva che senza dubbio la disciplina dei condhotel attiene alla materia del «turismo e industria alberghiera», di competenza delle Regioni e delle Province autonome, come emerge anche dalla enunciazione delle finalità dell’intervento legislativo in esame, il quale mira a «diversificare l’offerta turistica» e a «favorire gli investimenti volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti». Tuttavia, non si può affermare che essa riguardi in via esclusiva la suddetta materia, presentando altresì profili che interferiscono con la materia dell’urbanistica e del «governo del territorio», nonché con l’«ordinamento civile».
Il censurato art. 31, infatti, qualifica il condhotel come una struttura di ricezione turistica in cui coesistono unità immobiliari con destinazione urbanistica differente, alberghiera e residenziale, e dispone affinché ciò possa avvenire anche mediante trasformazione delle strutture ricettive esistenti, previa rimozione, ove occorra, degli eventuali vincoli di destinazione alberghiera. Incidendo sulla destinazione urbanistica degli immobili la disciplina dei condhotel riguarda, quindi, anche la materia dell’«urbanistica» e del «governo del territorio».
D’altra parte, aggiunge la Consulta, la disciplina dei condhotel coinvolge anche rapporti di natura privatistica: basti osservare che, all’interno della nuova figura delineata dall’art. 31, comma 1, le «unità abitative a destinazione residenziale» possono essere oggetto di diritti, evidentemente anche reali, di soggetti diversi dall’impresa alberghiera; sicché, le «condizioni di esercizio», da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui allo stesso comma 1, debbono riguardare sia i rapporti con il pubblico dei turisti, sia quelli con i proprietari delle unità residenziali, nelle quali pure l’impresa offre i propri servizi, «in forma integrata e complementare» a quanto avviene nelle camere tradizionali. Dunque, la natura ibrida e complessa della nuova figura giuridica – la quale si riflette nella sua stessa denominazione – richiede che siano regolamentati anche importanti aspetti contrattuali e condominiali, come tali attinenti alla materia dell’«ordinamento civile» (sentenze n. 80 del 2012 e n. 369 del 2008), prevista all’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost., il quale, peraltro, ha codificato il limite del «diritto privato» già consolidatosi nella giurisprudenza anteriore alla riforma costituzionale del 2001.
COMPETENZE ETEROGENEE INTRECCIATE. Pertanto, nella peculiare disciplina in questione, per come essa è formulata, vengono in rilievo competenze eterogenee, alcune delle quali di stretta spettanza esclusiva statale, altre a vario titolo attribuite alle Regioni e alle Province autonome. Inoltre, tali molteplici competenze non si presentano separate nettamente tra di loro e sono, anzi, legate in un inestricabile intreccio, senza che sia possibile identificarne una prevalente sulle altre dal punto di vista qualitativo o quantitativo.
Di conseguenza, secondo la Corte costituzionale deve trovare applicazione il principio generale, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenza n. 140 del 2015), secondo il quale in ambiti caratterizzati da una pluralità di competenze – come nel caso in esame, in cui le norme impugnate si pongono all’incrocio di varie materie (turismo, urbanistica, ordinamento civile) – e, qualora risulti impossibile comporre il concorso di competenze statali e regionali, tramite un criterio di prevalenza, non è costituzionalmente illegittimo l’intervento del legislatore statale, purché agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione che deve in ogni caso permeare di sé i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2014, n. 237 del 2009, n. 168 e n. 50 del 2008) e che può ritenersi congruamente attuato mediante la previsione dell’intesa.
La disposizione impugnata – osserva la Consulta - attua il principio di leale collaborazione, prevedendo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – che deve definire le condizioni di esercizio del condhotel e i criteri e le modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi esistenti – sia adottato «previa intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281» (art. 31, comma 1).