Sentenze

Condominio, l'attività alberghiera non costituisce modificazione della destinazione d’uso

La Cassazione: inammissibile un'interpretazione estensiva del regolamento condominiale che riservi ai soli proprietari, ai loro congiunti e ai singoli privati professionisti il godimento delle unità immobiliari

giovedì 31 dicembre 2015 - Redazione Build News

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Un condominio sito in Roma evocava dinanzi al Tribunale di Roma le proprietarie di due appartamenti del complesso condominiale, dolendosi che le convenute, esercitando negli appartamenti di loro proprietà attività alberghiera, avevano violato l'art. 6 del regolamento condominiale che dispone "è fatto divieto di destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato", e chiedendone la condanna alla immediata cessazione dell'illegittima attività esercitata.

Le resistenti eccepivano che l'attività di affittacamere non comportava alcun cambiamento della destinazione d'uso delle loro unità immobiliari, ed era quindi conforme al disposto del regolamento condominiale richiamato, chiedendo il rigetto della domanda e la sospensione della delibera condominiale con cui l'assemblea aveva negato l'autorizzazione all'esercizio dell'attività alberghiera.

Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda ordinando alle convenute la cessazione dell'attività alberghiera nelle loro unità immobiliari.

Al contrario la Corte d'appello di Roma accoglieva l'appello e rigettava le domande del condominio sulla base delle seguenti considerazioni: chiarito che l'attività di affittacamere non aveva comportato una modificazione della destinazione di uso per civile abitazione delle unità immobiliari, risultava inammissibile un'interpretazione estensiva del disposto all'art. 6 del regolamento condominiale che riservasse ai soli proprietari, ai loro congiunti e ai singoli privati professionisti il godimento delle unità immobiliari site nel complesso condominiale, considerato altresì che la concreta applicazione della suddetta norma da parte dei condomini si era rivelata più permissiva di quanto derivante dalla stretta interpretazione letterale del disposto regolamentare.

LA CASSAZIONE DÀ RAGIONE ALLA CORTE D'APPELLO. Secondo la Corte di cassazione – sentenza n. 24707/2014 della seconda sezione civile - la Corte d'appello “ha, con argomentazioni logiche e coerenti, ritenuto che la disposizione regolamentare, tenuto conto che la destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per la utilizzazione di una unità abitativa ai fini dell'attività di bed and breakfast (affermazione, questa, coerente con il quadro normativo di riferimento: art. 2, lett. a, del regolamento regionale Lazio n. 16 del 2008, in cui si chiarisce che "l'utilizzo degli appartamenti a tale scopo non comporta il cambio di destinazione d'uso ai fini urbanistici"; in proposito, vedi anche Corte cost. sent. n. 369 del 2008), non precludesse la destinazione delle unità di proprietà esclusiva alla detta attività”.

Le censure mosse dai ricorrenti sul punto, volte a dimostrare invece l'incompatibilità della destinazione alberghiera con quella prescritta dalla norma del regolamento condominiale, “presuppongono che l'attività di bed and breakfast comporti necessariamente conseguenze pregiudizievoli per gli altri condomini”, ma, osserva la Cassazione, “una simile allegazione non è stata supportata da alcun riferimento qualitativo e quantitativo al tipo di attività in concreto svolta dalle resistenti. In particolare, non è stata offerta alcuna indicazione in ordine alla capacità ricettiva delle singole unità di proprietà esclusiva nelle quali si svolge la detta attività, né in ordine alla ubicazione nel condominio di tali unità abitative di proprietà esclusiva; non sono state riferite, cioè, circostanze decisive al fine di dimostrare la erroneità della interpretazione complessivamente data dalla Corte d'appello alla clausola del regolamento condominiale”.

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