Aumentano anche nel 2016 le cosiddette “unità collabenti”, vale a dire gli immobili ridotti in ruderi a causa del loro accentuato livello di degrado. Lo segnala Confedilizia, che ha elaborato i dati forniti dall’Agenzia delle entrate sullo stato del patrimonio immobiliare italiano.
Nel 2016, il numero di questi immobili – inquadrati nella categoria catastale F2 – è cresciuto del 3,4% rispetto al 2015. Ma il dato più significativo è quello che mette a confronto il periodo pre e post IMU: rispetto al 2011, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono aumentati del 70%, essendo passati da 278.121 a 474.165 (+196.044).
“Come ogni anno – ha dichiarato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – giunge puntuale la statistica dell’Agenzia delle entrate che ci conferma quello che già la realtà si incarica di mostrarci. E cioè che molti immobili sono un vero e proprio peso per i loro proprietari, che in numero sempre più frequente li riducono volontariamente in ruderi perché non sono più in grado di far fronte alle spese per il loro mantenimento e alla abnorme tassazione patrimoniale oppure li vedono finire in condizioni di fatiscenza. Non si tratta che della punta di un iceberg, la cui parte restante è composta dai tanti proprietari che si svenano letteralmente per pagare – con i redditi da lavoro, se il lavoro lo hanno – il sempre più insopportabile obolo per mantenere la casa ereditata dai genitori o dai nonni nel borgo dimenticato o il locale commerciale che nessuno vuole comprare o prendere in affitto. Mentre aumentano coloro che chiedono a Confedilizia come fare per rinunciare a proprietà ereditate. Sulla fiscalità immobiliare bisogna invertire la rotta, quando lo capiremo?”.