«Il salario minimo legale non risolve le problematiche connesse alle dinamiche reddituali e non incide sul fenomeno del working poors; quindi è meglio potenziare il sistema della contrattazione collettiva che già regolamenta le dinamiche salariali, nelle quali le misure di welfare riconosciute ai lavoratori hanno un peso economico e sociale molto rilevante». È netta la posizione di Confprofessioni, audita ieri in Commissione Lavoro della Camera sulla proposta di legge in materia di giusta retribuzione e salario minimo, che prende le mosse dalla direttiva europea sui salari minimi.
«La stessa direttiva europea non impone alcun obbligo agli Stati membri di introdurre un soglia retributiva minima per legge laddove le dinamiche salariali siano garantite dai contratti collettivi come già avviene nel settore degli studi professionali», sottolinea il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. «Negli ultimi anni, l’opera delle parti sociali è stata fondamentale per diffondere tutele e diritti ulteriori a una vasta platea di lavoratori che operano negli studi professionali», aggiunge Stella. «La conoscenza delle dinamiche del comparto e la duttilità dello strumento contrattuale hanno permesso una regolazione inclusiva e innovativa dei rapporti di lavoro, delle retribuzioni e delle prestazioni di welfare a beneficio di tutti i lavoratori degli studi professionali».
Davanti alla Commissione Lavoro della Camera la Confederazione è intervenuta anche sul tema del taglio del cuneo fiscale e contributivo per favorire la crescita dei salari. «La direzione è giusta – afferma Stella – ma dev’essere accompagnata anche dalla detassazione degli incrementi retributivi concordati tra le parti sociali in occasione dei rinnovi dei contratti collettivi di lavoro, proprio per adeguare i redditi dei lavoratori all’andamento dell’inflazione».