Il committente di lavori edilizi “concorre, in qualità di "extraneus", quale concorrente morale, nella contravvenzione di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato (artt. 65 e 72, d.P.R. 6 2 giugno 2001, n. 380), pur trattandosi di reato omissivo proprio del costruttore”.
Lo ha ribadito la terza sezione penale della Cassazione nella sentenza n. n. 1959/2017 pubblicata il 17 gennaio.
La suprema Corte ricorda che “la "ratio legis" delle disposizioni in tema di conglomerato cementizio armato è quella di assicurare la stabilità del fabbricato in tutti i casi nei quali siano comunque adoperate strutture in cemento armato o in metallo in funzione statica. Non assume rilievo, quindi, l'entità dell'elemento materiale, atteso che non è necessario che questo sia costituito da un complesso di strutture, essendo rilevante l'elemento funzionale”.
Inoltre, “secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte in materia di violazione della normativa urbanistica, il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 d d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientrano né le violazioni della disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio (…) né, per le stesse ragioni, i reati previsti un tempo dalla legge 5 novembre 1971 n. 1086, e oggi dagli artt. 64 e ss. del d. P.R. n. 380 del 2001 con riguardo alle opere in conglomerato cementizio, atteso che le citate disposizioni estinguono i soli reati contravvenzionali previsti dalla norme urbanistiche, fra le quali non possono essere ricomprese le disposizioni aventi oggettività giuridica diversa, quale la citata legge n. 1086, rispetto alla tutela urbanistica del territorio”.