Un progetto agrivoltaico non può essere valutato alla stregua dei criteri previsti per gli impianti fotovoltaici, che mal si conciliano con le caratteristiche proprie degli impianti agrivoltaici.
Lo afferma la sentenza n. 8029/2023 (pubblicata il 30 agosto) del Consiglio di Stato (Sezione Quarta).
Il caso di specie
Una società ha presentato istanza per la realizzazione di un impianto agrivoltaico di potenza pari a circa 5,99 MW, localizzato nel Comune di Brindisi. Con nota prot. n. 21769 del 18.08.2020 il Settore Ambiente della Provincia ha dato avvio al procedimento di VIA e ha indetto la Conferenza di Servizi in modalità asincrona per la valutazione del progetto in questione. Nel corso del procedimento in conferenza di servizi, tra gli altri, sono pervenuti pareri tutti non favorevoli all’intervento. In data 14.1.2022, la Provincia di Brindisi ha pertanto comunicato che: “non autorizza il rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto in questione”.
La società ha, quindi, impugnato i predetti atti negativi dinanzi al T.a.r. per la Puglia, chiedendone l’annullamento. Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento di diniego, muovendo dall’assunto di fondo della netta distinzione ontologica sussistente tra gli impianti agrivoltaici e quelli fotovoltaici.
In particolare, la sentenza del T.a.r trae principale argomento dall’irragionevole automatismo in forza del quale, in assenza di espressi vincoli, le Amministrazioni hanno ritenuta preclusa la possibilità di rilasciare una positiva valutazione ambientale per effetto di una impropria assimilazione degli impianti agrivoltaici a quelli fotovoltaici.
Contro tale decisione la Provincia di Brindisi ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza impugnata.
Le differenze tra agrivoltaico e fotovoltaico
L'appello è stato rigettato dal Consiglio di Stato, il quale ha osservato che “L’agrivoltaico è un settore di recente introduzione e in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a metà tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica.
In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva), nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola.
Per effetto di tale tecnica, la superficie del terreno resta, infatti, permeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola”.
Pertanto, osserva il Consiglio di Stato, “non si comprende come un impianto che combina produzione di energia elettrica e coltivazione agricola (l’agrivoltaico) possa essere assimilato ad un impianto che produce unicamente energia elettrica (il fotovoltaico), ma che non contribuisce, tuttavia, neppure in minima parte, alle ordinarie esigenze dell’agricoltura.
Contrariamente a quanto accade nei progetti che utilizzano la metodica fotovoltaica, infatti, nell’agrivoltaico le esigenze della produzione agricola vengono soddisfatte grazie al recupero, da un punto di vista agronomico, di fondi che versano in stato di abbandono.
Logico corollario della delineata differenza tra impianti agrivoltaici e fotovoltaici è, come correttamente osservato dalla sentenza impugnata, quello secondo cui gli stessi non possono essere assimilati sotto il profilo del regime giuridico, come impropriamente ha fatto la Provincia nel procedimento conclusosi con il provvedimento di PAUR negativo.
In tale direzione è oramai orientata la prevalente giurisprudenza amministrativa di primo grado (cfr., TAR Bari, sent. n. 568/2022; nonché TAR Lecce, sentenze nn. 1799/2022 e 586/22, 1267/22, 1583/22, 1584/22, 1585/22, 1586/22) che ha ripetutamente annullato analoghi dinieghi assunti sulla base di una errata assimilazione dell’agro-voltaico al fotovoltaico”.
Palazzo Spada non condivide l’assunto, contenuto nel parere negativo della Sezione Paesaggio, secondo cui “Il termine agrivoltaico o agrofotovoltaico, più volte richiamato nelle controdeduzioni del proponente al fine di giustificare l’intervento, non trova alcun riscontro nella normativa nazionale o regionale”, trovando esso "una netta smentita sulla base di una attenta analisi del diritto positivo nazionale ed euro-unitario”.