Con l'ordinanza cautelare n. 2590/2019 depositata ieri, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha accolto l'appello presentato da Italia Nostra contro il Comune di Firenze, per la riforma dell'ordinanza cautelare del Tar Toscana, Sezione Prima, n. 137/2019, concernente l’impugnazione delle deliberazioni di adozione e di approvazione della variante al vigente regolamento urbanistico comunale, nella parte in cui dispone l'aggiornamento e la definizione del limite di intervento da applicare al patrimonio edilizio esistente, classificato di interesse storico-architettonico e documentale.
Secondo Palazzo Spada “allo stato della sommaria cognizione tipica della fase cautelare, sembrerebbero meritevoli di favorevole apprezzamento le prospettazioni dell’appellante, tali da far considerare sussistente il fumus boni iuris, e pertanto anche in ordine alla necessità di approfondire, nella naturale sede di merito:
a) il rapporto tra la variante al vigente regolamento urbanistico comunale (che ha aggiornato e definito il limite dell’intervento da applicare al patrimonio edilizio esistente, classificato di interesse storico-architettonico), e la natura dell’intervento edilizio effettivamente consentito, sotto il profilo della persistenza e dell’entità dei limiti: al divieto di demolizione dell’edificio; al divieto di aumento del volume lordo complessivo; alla modificazione della sagoma; all’apporto delle modifiche funzionali alle coperture dell’edificio; al mantenimento degli apparati decorativi; alla modificazione della destinazione d’uso; al frazionamento dell’unità immobiliare in più unità;
b) il valore degli edifici che formano il tessuto urbano del centro storico, anche alla luce della disciplina protettiva e vincolistica di cui al D.lgs. n. 42 del 2004 (codice dei beni culturali) e di cui alla Convenzione UNESCO del 2005, considerata anche la peculiarità della città di Firenze;
c) la coerenza della variante con gli obiettivi del Piano Strutturale e con le caratteristiche del territorio fiorentino”.
Per il Consiglio di Stato, inoltre, “in relazione al presupposto del periculum in mora, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, è opportuno conservare la res adhuc integra fino alla decisione della causa nel merito, al fine di evitare il rilascio – nelle more del giudizio medesimo - di titoli abilitativi edilizi, con grave pregiudizio, sia per le esigenze di economia delle risorse della pubblica amministrazione, così evitandosi il serio rischio del compimento di attività amministrativa sostanzialmente inutile; sia per l’interesse dei privati ad esercitare -ove sia consentito- lo ius aedificandi, sulla base di un ragionevole affidamento in ordine all’effettiva disciplina edilizio-urbanistica applicabile, anche in vista della tutela dell’investimento stesso”.
Gli approfondimenti innanzi evidenziati “potranno consentire di meglio definire anche il rapporto e il contemperamento tra gli interessi pubblici alla libertà di impresa e sviluppo economico ed alla tutela del patrimonio culturale, entrambi costituzionalmente garantiti (artt. 9 e 41 Cost.)”.
In allegato l'ordinanza