Le Regioni non possono pianificare lo sviluppo del proprio territorio con scelte di carattere urbanistico se non quando queste ultime siano rispettose dei vincoli posti dallo Stato per tutelare beni di valore paesaggistico. Inoltre, lo Stato può adottare la dichiarazione di interesse paesaggistico di un bene anche quando la Regione sia contraria. La tutela di questi beni risponde infatti a una “logica incrementale”, che consente alle Regioni di allargarne l’ambito ma non di ridurlo, neppure per mezzo dei piani paesaggistici di competenza regionale, da redigere d’intesa con lo Stato.
È quanto ha affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 164 depositata oggi (redattore Augusto Barbera), risolvendo un conflitto proposto dalla regione Veneto contro la decisione dello Stato di riconoscere l’interesse paesaggistico di una vasta area del Comelico, valle che comprende tra l’altro diversi comuni dell’Alto Cadore.
La Corte ha riconosciuto che neppure la circostanza che il piano paesaggistico della Regione sia in corso di approvazione può privare lo Stato del proprio potere di indicare i beni da tutelare. Essi dovranno perciò essere inseriti nel piano regionale senza modifiche.
Si è perciò concluso che la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area del Comelico rientrava tra le competenze costituzionali dello Stato nei confronti della Regione e si è quindi respinto il ricorso proposto dal Veneto.