I containers destinati, per un periodo lungo, alla diversa destinazione di spogliatoi per gli atleti, rientrano nell’ambito applicativo dell’articolo 3, comma 1, lettera e.5) del d.P.R. 380/2001, il quale ascrive alla nozione di ‘nuove costruzioni’ e assoggetta all’obbligo di permesso di costruire “[i] manufatti leggeri, anche prefabbricati, e [le] strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come (…) ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee (…)”.
Lo ha confermato la sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4116/2015 depositata il 4 settembre.
Nel caso in esame, il fatto che i containers non fossero destinati a soddisfare “esigenze meramente temporanee” risulta confermato dal diuturno utilizzo e dalla circostanza per cui tale utilizzo è destinato a perdurare fino a quando non sarà possibile completare le opere di ripristino funzionale del complesso, anche attraverso il completamento dei nuovi spogliatoi.
INAPPLICABILE LA PREVISIONE DI CUI ALL’ART. 6, COMMA 2, LETTERA B) DEL D.P.R. 380/2001. Ciò premesso, secondo Palazzo Spada l’utilizzo dei containers quali spogliatoi per gli atleti non risulta finalizzato a soddisfare “esigenze meramente temporanee”, in tal modo rendendo inapplicabile la previsione di cui all’art. 6, comma 2, lettera b) del d.P.R. 380 del 2001 secondo cui rientrano nell’ambito della c.d. ‘attività edilizia libera’ “le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni”.
Il Consiglio di Stato richiama l’orientamento secondo cui “i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie.
Ciò, in quanto il manufatto non precario (nel caso di specie: container) non risulta in concreto deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma viene destinato ad un utilizzo destinato ad essere protratto nel tempo.
La ‘precarietà’ dell’opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo.
Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (in tal senso: Cons. Stato, VI, 3 giugno 2014, n. 2842)”.