di Dott. Stefano Biagiotti - Laureato in Scienze Ambientali
Ogni volta che in Italia si verifica un evento naturale gli uomini al comando, che dovrebbero gestire le amministrazioni, cercano di scaricare le responsabilità su altri e il mondo della ricerca avanza per dire "noi lo sapevamo, noi abbiamo cercato di dirvelo, ecc. ecc.".
Dopo le ultime piogge che hanno interessato un pò tutta la nostra penisola, provocando morti e danni a Livorno, Roma, Isernia, ecc. ho deciso di esternare alcune mie idee sulla gestione del territorio nella speranza che chi guida l'esecutivo nazionale e i Governatori delle Regioni possano leggerle, e si inizi un serio lavoro di rimessa in sicurezza del paese Italia.
Non è più un problema di risorse, ma di politiche, programmi, piani e progetti; quindi la responsabilità è dei politici non più capaci di fare politiche e programmi ma anche dei tecnici che non sono capaci di fare piani e progetti. Un sistema, a mio avviso da adottare da subito, c'è, e si chiama contratto di gestione territoriale. Sempre più spesso in Italia stiamo vivendo situazioni di calamità che provocano morti ed ingenti danni oltre ad una gestione del territorio che a volte provoca ripercussioni negative sulla biodiversità e nell'ecosistema.
La capacità inimmaginabile di reazione delle persone dimostra che ci sono abilità e saper fare gestione delle emergenze; ciò evidenzia che le persone sono capaci di fare prevenzione ed azione di presidio proattivo sul territorio, unica e vera possibilità per limitare questi eventi calamitosi (frane, smottamenti, alluvioni, diminuzione della biodiversità, atrofizzazione di ecosistemi, ecc.).
La crisi finanziaria, che ancora imperversa nella gestione dei conti pubblici fa prevedere che gli Enti Pubblici non hanno e non avranno, forse per decenni, la capacità di attivare politiche dirette di intervento nella gestione corretta ed efficace dei territori.
l territorio deve essere considerato un bene comune per il quale le responsabilità di conservazione della capacità produttiva, della propria integrità fisica, storica, culturale, identitaria, può, con regole precise che riguardano tutti i beni comuni essere demandata alle comunità locali ed agli attori sul territorio.
Dal Quadro Unico Strategico prendono vita vari fondi (FESR,FEASR,FSE, ecc.) che mettono al centro delle varie strategie i meccanismi economici che favoriscono la partecipazione attiva dei cittadini e delle comunità, ma che si fanno garanti di operare con le "buone pratiche" per il raggiungimento di detti obiettivi.
Gli strumenti che si possono mettere in atto, attraverso i meccanismi della Programmazione Partecipata, sono i contratti di gestione territoriale, fra il Pubblico ed il Privato e fra il Privato ed il Privato, per la gestione preventiva del territorio.
Su questi principi si basa l'assicurazione forte che la gestione partecipata attraverso contratti di gestione territoriali possa veramente garantire una nuova stagione al Paese Italia per una conservazione e valorizzazione del proprio territorio, per essere veramente un Paese intelligente, sostenibile ed inclusivo.
Si rende necessario pertanto affermare i contratti di gestione territoriale; essi nascono con gli obiettivi di far diventare ogni operatore sul territorio un potenziale gestore attivo, in via preventiva, del territorio stesso che, con partecipata sussidiarietà, può alleggerire l'Ente Pubblico da oneri enormi, da utilizzare con i pagamenti diretti e le esecuzioni delle opere strutturali necessari in aumento del livello della qualità della vita di ogni cittadino.
Vi sono esempi di modelli, in parte accettati dalle comunità scientifiche e da Pubbliche Amministrazioni, come i contratti di fiume, i contratti di lago, i contratti di paesaggio, i contratti di bosco, ecc. ma con visioni limitate il cui risultato a volte è parziale, altre volte inesistente e a volte peggiorativo.
L'approccio per la gestione territoriale non può essere settoriale e parziale ma deve essere olistico, integrato e sistemico, così come vogliono anche i paradigmi della Strategia dello Sviluppo Sostenibile e la complessità che il territorio ha con sé.
I contratti di gestione territoriale sono: il contratto generale, il programma di difesa di un territorio locale e comunitario all'interno del quale gli aspetti (fiumi, laghi, paesaggi, boschi, biodiversità, qualità dell'aria, ecc.) possono e debbono trovare collocazione.
L'idea intende pertanto trasformare la debolezza di ogni territorio, dovuta all'alto rischio, in un'opportunità intelligente, inclusiva, sostenibile, trasparente, proattiva e concreta.
L'innovazione dei contratti di gestione territoriale è il suo approccio olistico, integrato, sistemico e multidisciplinare ampliando il concetto di contratto di fiume di cui all'art. 68-bis del D. Lgs. 152/2006, introdotto dall'art. 59 della Legge 221/2015, ponendo l'attenzione, oltre alle problematiche ambientali, anche a quelle economiche, sociali e di miglioramento della biodiversità.
L'innovazione, dei contratti di gestione territoriale, è nel modello, con approccio scientifico, che prevede:
- la definizione della porzione di territorio, entro il quale applicare il contratto, e l'individuazione di tutte le criticità;
- la valutazione ambientale della porzione di territorio;
- la definizione degli obiettivi generali e specifici;
- l'individuazione di indicatori sito-specifici, per eseguire l'analisi di base e per monitorare i cambiamenti;
- la definizione delle azioni da attuare all'interno dei contratti, per raggiungere gli obiettivi (contingent evaluation oppure choice experiments);
- la definizione del pagamento di coloro che attuano le azioni;
- il controllo e il monitoraggio.
L'innovazione, dei contratti di gestione territoriale, è nell'uso dello strumento, che prevede:
- una gestione condivisa e concertata con gli agricoltori e i cittadini,veri custodi del territorio, e tutti gli altri stakeolders (per es.: associazioni, attività economiche, ecc.) del territorio interessato;
- un sistema di gestione pubblico/privato/privato su base volontaria, previa sottoscrizione di contratto che preveda chi deve fare cosa;
- un sistema di pagamento dei servizi ecosistemici ed ambientali, come remunerazione di una quota di valore aggiunto derivante, secondo meccanismi di carattere negoziale;
- di garantire il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie, nella loro area di ripartizione naturale, ovvero all'occorrenza, il loro ripristino promuovendo la gestione razionale ed assicurando al contempo la corretta fruizione del patrimonio naturale da parte dei cittadini;
- di migliorare le situazioni idrogeologiche, di regimazione dei corsi d'acqua e di manutenzione degli alvei, delle vie di comunicazione, ecc..
Quindi, invece di piangere i morti e contare i danni, è opportuno che si legiferi subito affinché i comuni redigano in forma associata, rispetto ai confini orografici e non amministrativi, i contratti di gestione territoriale affidando incarichi alle Università locali, che dovrebbero essere le strutture più idonee per libertà di ricerca e bontà di risultato, impegnando fin da subito risorse economiche; solo dopo aver conosciuto le criticità di un territorio è possibile porre in atto azioni concrete che risolvano i problemi con una programmazione partecipata.