Fisco

Contratti pubblici e immodificabilità del corrispettivo a corpo: da Ance il punto

L'inquadramento normativo e la posizione della giurisprudenza, del Consiglio di Stato e dell'Anac

martedì 2 ottobre 2018 - Redazione Build News

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Nei contratti pubblici stipulati ‘a corpo’, il corrispettivo dell’appalto viene stabilito in modo fisso e invariabile in ragione del ribasso offerto sull’importo a base d’asta, tuttavia, in sede civile, è stata ammessa la possibilità di riconoscere a talune condizioni all’appaltatore un ulteriore corrispettivo, qualora l’incremento dei lavori eseguiti sia stato determinato da richieste o mancanze della stazione appaltante.

Infatti, nell’appalto a corpo l’offerente formula la propria offerta economica dopo avere determinato, sulla base dei grafici di progetto e delle specifiche tecniche contenute nel capitolato speciale d’appalto, i fattori necessari per la realizzazione dell’opera finita in ogni sua parte (quantità e costi dei materiali occorrenti, produttività e costi delle maestranze, ecc.).

In tal modo, l’appaltatore si assume dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che si rendano necessari rispetto a quella prevista nell’offerta.

Ciò non toglie che, al fine di preservare l’equilibrio contrattuale è necessario che l’appaltatore, al momento dell’offerta, possa correttamente rappresentarsi tutti gli elementi che possono influire sulla sua previsione di spesa.

Diversamente, non si può ragionevolmente ritenere che la (eventuale) maggiore onerosità dell’opera rientri nell’alea normale del contratto (diversamente verrebbe “stravolta” la natura del contratto di appalto avente natura commutativa e non aleatoria).

INQUADRAMENTO NORMATIVO. L’articolo 38 del correttivo, d.lgs. 56/2017, ha introdotto il comma 5-bis all’articolo 59 del Codice dei contratti, d.lgs. 50/2016, che prevede: “5-bis. In relazione alla natura dell’opera, i contratti per l’esecuzione dei lavori pubblici sono stipulati a corpo o a misura , o in parte a corpo e in parte a misura. Per le prestazioni a corpo il prezzo rimane fisso e non può variare in aumento o in diminuzione, secondo la qualità e la quantità effettiva dei lavori eseguiti. Per le prestazioni a misura il prezzo convenuto può variare, in aumento o in diminuzione, secondo la quantità effettiva dei lavori eseguiti. Per le prestazioni a misura il contratto fissa i prezzi invariabili per l’unità di misura”.

Si è trattata di una specificazione – resasi necessaria poiché la natura della tipologia di tali contratti non era stata riportata nell’ambito della versione originaria Codice – che non modifica la sostanza dell’istituto già da tempo oggetto di interesse da parte della giurisprudenza di merito.

Al riguardo, l’attenzione maggiore della giurisprudenza è stata rivolta al prezzo dell’appalto ‘a corpo’, rispetto al quale si sono susseguite le due posizioni principali, apparentemente divergenti, assunte dal giudice amministrativo e quello civile, così come di seguito analizzate.

LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA. La giurisprudenza civile ha più volte rilevato un limite al principio generale di immodificabilità dei prezzi dell’offerta ‘a corpo’ (cfr. Cass. civ., sez. I, 7 giugno 2012, n. 9246).

La sostenibilità di tale limite fa leva sul concetto generale di correttezza, a cui può affiancarsi quello di buona fede in senso oggettivo, cioè il dovere di comportarsi con lealtà ed onestà di cui all’art. 1175 Codice civile.

Tale posizione emerge chiaramente, in una pronuncia della Corte di Cassazione che approfondisce i limiti del principio di immodificabilità del prezzo negli appalti pubblici ‘a corpo’ (Sezione I Civile, ordinanza 25 settembre 2017, n. 22268).

Infatti, nella fattispecie esaminata (relativa ad un appalto ‘a corpo’ del 2001) erano stati posti a carico dell’offerente l’incremento dei costi di esecuzione dell’opera, seppure imputabili all’amministrazione.

La Cassazione ha stabilito che sorge in capo all’impresa appaltatrice il diritto al compenso per l’eccedenza delle opere realizzate, nel caso in cui:

1. il progetto originario sia oltre ogni limite snaturato in corso d’opera (nel caso in esame vi erano state ben due perizie suppletive e un ulteriore intervento di completamento oggetto di un contratto autonomo, sicché il valore dell’opera era raddoppiato),

2. il progetto appaltato presenti carenze qualitative e quantitative (nel caso in esame erano tali da giustificare le citate perizie suppletive nonché varianti adottate in corso d’opera e legittimavano le riserve dell’appaltatore).

Su tali presupposti, la Cassazione – seppure con riferimento alla previgente normativa sugli appalti pubblici, che, però, sul punto, non ha subito modifiche sostanziali – ha rivisto la statica distinzione tra appalto “corpo” e appalto “a misura”, conferendo il carattere della flessibilità alla modalità di fissazione del prezzo “a corpo” per la realizzazione di opere pubbliche (nel testo è richiamata la Delib. 21 febbraio 2002, n. 51 dell’AVCP, oggi sostituita dall’ANAC).

In particolare, secondo tale orientamento, nell’appalto “a corpo”, la predeterminazione del prezzo offerto può essere soggetto a variazioni qualora si verifichi una modifica tale dell’appalto da determinare un cambiamento nell’oggetto del contratto; ciò, in deroga al principio generale secondo cui non vi può essere la modifica del compenso spettante all’appaltatrice, che si assume il rischio del possibile aumento o diminuzione delle risorse utili alla realizzazione dell’opera, rispetto a quelle specificate nell’offerta dalla stazione appaltante.

FOCUS. L’inderogabilità del corrispettivo negli appalti ‘a corpo’ rappresenta invece la posizione tradizionalmente assunta dal Consiglio di Stato, che si è in ultimo pronunciato sulla legittimità di una esclusione dalla gara nei confronti di un concorrente che aveva presentato, secondo la stazione appaltante, un’offerta indeterminata, modificando in sede di formulazione dell’offerta l’elenco dei prezzi unitari previsti da bando (sez. V, 3 settembre 2018, n. 5161).

Il giudice amministrativo ha ritenuto illegittima l’esclusione, poiché in un appalto ‘a corpo’ vige il principio secondo cui, una volta offerto un prezzo complessivo, l’elenco dei prezzi analitico è irrilevante, perché ai fini della determinazione del prezzo offerto deve prendersi in considerazione l’intera opera considerata globalmente (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2057; sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 15; sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4903; sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963).

Tuttavia, dall’orientamento sopra illustrato se ne ricava che, il concetto di immodificabilità del prezzo “a corpo” non è assoluto ed inderogabile, trovando il limite nella pedissequa rispondenza dell’opera da eseguire ai disegni esecutivi ed alle specifiche tecniche, entrambi forniti dalla stazione appaltante e sulla base dei quali l’offerente ha eseguito i propri calcoli e proprie stime economiche e si è determinato a formulare la propria offerta, ritenendola congrua e conveniente rispetto alle prestazioni da eseguire.

E’ il caso, ad esempio, di variazioni “abnormi“ dei lavori da eseguire (vedi sopra) in cui si è in presenza di un’alea contrattuale non più accettabile e sostenibile da parte della società appaltatrice che – indipendentemente dall’appalto ‘a corpo’ – ha diritto a vedersi aumentato il compenso per i lavori aggiuntivi realizzati.

Pertanto, se l’incremento dei lavori da eseguire risulta di rilevante entità e deriva da carenze quantitative e qualitative della progettazione originaria, l’appaltatore ha diritto ad un ulteriore compenso per i lavori aggiuntivi (eseguiti su richiesta del committente o per effetto di varianti), il quale dev’essere calcolato “a misura” limitatamente alle quantità variate (Cass. n. 9246/2012 cit.).

A rilevare in tal caso, è la “preminenza” dell’incremento di lavori eseguiti che esulano dalla normalità e determinano un’alea contrattuale non più accettabile e sostenibile da parte della società appaltatrice.

A tale proposito, si segnala che l’ANAC, con la Deliberazione n. 18 del 12/11/2014, ha rilevato che l’opera da eseguire deve essere descritta in modo estremamente preciso, attraverso un progetto molto dettagliato, l’appaltatore sopporta il rischio delle quantità rispetto al prezzo pattuito, ma sempre nell’ambito di quanto disegnato e progettato, senza che ciò legittimi la trasformazione dell’appalto in un contratto aleatorio.

Pertanto, soltanto se il progetto esecutivo include tutti gli elaborati necessari, il concorrente è in grado di presentare un’offerta di ribasso rispetto all’importo individuato dalla stazione appaltante a “corpo” (cfr. Lodo arbitrale del 25.1.2010 n. 8/2010, AVCP deliberazione n. 51 del 21.2.2002). (fonte: Ance)

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