Sentenze

Contratto d'opera professionale con la pubblica amministrazione: chiarimenti dalla Cassazione

Il contratto deve rivestire la forma scritta ad substantiam. La sua sussitenza non può ricavarsi dalla delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico, in quanto si tratta di un atto di rilevanza interna di natura autorizzatoria

venerdì 19 giugno 2020 - Redazione Build News

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Con l'ordinanza n.11465/2020 pubblicata il 15 giugno, la seconda sezione civile della Corte di cassazione ha formulato il seguente principio di diritto: "Il contratto d'opera professionale con la pubblica amministrazione deve rivestire la forma scritta ad substantiam. L'osservanza della forma scritta richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso. La sussistenza del contratto non può ricavarsi dalla delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico, in quanto si tratta di un atto di rilevanza interna di natura autorizzatoria".

Secondo la suprema Corte “il contratto d'opera professionale con la P.A., ancorché quest'ultima agisca iure privatorum, deve rivestire la forma scritta ad substantiam. L'osservanza della forma scritta richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti (quali, ad esempio, come nella specie, la delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico) ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell'accettazione da parte del medesimo professionista (Cass. n. 24679 del 2013; cfr. anche Cass. n. 21477 del 2013). Né è sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, poichè questa, anche se sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno, che l'ente può revocare ad nutum (Cass. n. 1167 del 2013)”.

Il contratto mancante del succitato requisito, precisa la Cassazione, “è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poichè gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti (Cass. n. 22501 del 2006; nello stesso senso, Cass. n. 15488 del 2001)”.

In allegato l'ordinanza della Cassazione

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